la Repubblica, 18 agosto 2016
Però nel ping pong i cinesi sono ancora imbattibili
Rio de Janeiro Chi comanda il ping pong? Il made by China. Dei 172 a Rio, 44 giocatori sono cinesi, ma soltanto 6 rappresentano Pechino. Gli altri giocano per 21 paesi diversi tra i 56 alle Olimpiadi. Se ne sono andati altrove, i cinesi. Come Ni Xialian, 53 anni, che è a Rio alla sua terza Olimpiade con la maglia del Lussemburgo. Cittadina del Granducato dal ’91, da bambina era nella nazionale cinese che vinceva l’oro del mondiale 1983. Una delle prime a emigrare. Seguita da molti, specie in Europa: una diaspora che ha cambiato la geografia. Soprattutto in America (3) e in Australia (3). Ma sono ovunque: Canada, Turchia, Olanda, Spagna, Portogallo, Austria, Germania, Hong Kong e Polonia hanno ciascuno in nazionale due atleti nati in Cina. E un cinese anche per Qatar, Ucraina, Congo, Slovacchia, Francia, Svezia, Brasile, Corea. Lo sport è mobile, è vero, anche l’Italia ha seconde generazioni, specie nella pallavolo e nell’atletica. Ma mai come il ping pong: il 31 per cento dei partecipanti a Rio è nato in paesi che non rappresentano. La Cina ha vinto in questo sport 27 dei 31 ori da Seul ‘88. Per cui da Londra 2012, nuova norma: solo 2 atleti per nazione nelle gare individuali. Competizione canaglia. Il cambio di cittadinanza dopo i 21 anni vieta tutto tranne i Giochi. Per ora, perché si pensa di allungare il tempo di residenza nei nuovi paesi per l’eleggibilità olimpica. Oltre che mandare gli stranieri a imparare il ping pong a Pechino. Perché giocano tutti, poi vincono sempre loro. I made by China.