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 2016  agosto 18 Giovedì calendario

E con i soldi di Pogba Raiola si compra la villa di Al Capone. Breve ritratto dell’uomo che ha fatto fortuna con i piedi degli altri

L’ultima volta che è finito sui giornali, che parlano molto di lui benché lui non parli volentieri con loro, è quando hanno scritto che si sarebbe comprato la villona di Miami già appartenuta ad Al Capone: otto camere da letto, sei bagni, tremila metri quadrati di giardino. Costo: otto milioni di dollari, quisquilie e pinzillacchere, come avrebbe detto il suo quasi conterraneo Totò, per un uomo che quest’estate ha incassato dal mercato trenta milioni di euro nell’ipotesi peggiore e cinquanta in quella migliore (difficile fargli esattamente i conti in tasca): in ogni caso, un fiume di soldi.

Il superprocuratore dei calciatori, il re del mercato, l’agente delle star del pallone, il virtuoso dei trasferimenti e dei parametri zero, insomma Carmine Raiola in arte Mino, non sta simpatico a tutti. Non al pubblico, intanto, perché lui guadagna sui trasferimenti dei suoi mercenari e alle anime belle dei tifosi piacciono invece i calciatori-bandiera, affezionati alla maglia, non questi commessi viaggiatori del gol che vanno dove li porta il conto in banca di Raiola (e anche il loro, in effetti). E nemmeno ai media, che Mino riesce a dribblare meglio dei suoi pupilli Ibrahimovic e Pogba, pur sapendoli utilizzare benissimo quando si tratta di diffondere «retroscena» su contrasti con allenatori, difficoltà di spogliatoio e insofferenza verso la società, che preludono a succose cessioni dei gladiatori più popolari. In epoca di crisi e di cinghie tirate all’inverosimile, appare sicuramente eccessivo e forse perfino immorale che il Manchester United abbia stabilito il nuovo record mondiale di shopping pedatorio pagando alla Juventus per Paul Pogba 110 milioni di euro, di cui 23 finiti nelle tasche di Raiola. Si calcola che quest’estate Mister 25% abbia «movimentato» piedi d’oro per circa 500 milioni. «Quanto guadagnano questi calciatori» è un luogo comune inossidabile almeno quanto quello sulla scomparsa delle mezze stagioni: e come tutti i luoghi comuni, un po’ di vero c’è.
A Raiola si rimprovera di tutto e di più: il fisico ingrato, per esempio, anche se non si capisce perché dare delle cicciottelle a delle atlete sia uno scandalo e del «ciccione idiota» (copyright di Ibra) a Raiola no. Poi si dice che sia poco elegante, ma del resto per portare la cravatta bisogna prima avere un collo e poi lui i suoi affari miliardari preferisce trattarli in bermuda. Infine, sì, è vero che sbaglia qualche congiuntivo: ma è cresciuto pensando in napoletano e parlando in olandese, e si esprime, magari male ma facendosi capire benissimo, in sette lingue.
Non è nemmeno esatto che abbia debuttato facendo il pizzaiolo. 
L’inizio
Semplicemente, aiutava nel ristorante di Haarlem i genitori emigrati da Angri. Portandogli una pizza oggi, un’impepata domani, riuscì a convincere il presidente della squadra locale a fargli gestire la «primavera»: il business iniziò così. Non si è mai associato con nessuno, non è mai entrato in cordate, né ha mai trasformato la ditta in una holding con centinaia di rappresentati, come quella del suo grande rivale Jorge Mendes. Tutto si basa su un rapporto di fiducia diretto con i suoi rappresentati, pochi ma buonissimi. Per loro, andarci d’accordo è facilissimo: basta fare quello che dice lui. Raiola mette subito le cose in chiaro: «Se io dico A e voi fate B, allora cercatevi un altro». Ma è altrettanto duro nelle trattative con società e sponsor. Le sue star magari non lo amano, ma lo seguono. E incassano. A parte tutto, Raiola di calcio si intende davvero. Quattro anni fa, portò Pogba alla Juve a parametro zero, ma facendo mettere a contratto che avrebbe incassato il 25% su un eventuale trasferimento: Pogba è esploso, e si è visto com’è andata.
In realtà, la vera colpa di Raiola, almeno in un Paese cattolico come l’Italia, spesso immorale ma sempre moralista, è quella, imperdonabile, di avere successo e di fare un mare di soldi. Sarà magari un po’ rozzo (a parlarci, peraltro, molto meno di come lo dipingono) ma di certo è intelligente. È l’emigrante che ha fatto fortuna con il suo talento e i piedi degli altri: la villa di Al Capone, concesso e non dato che l’abbia comprata davvero, se la merita tutta.