L’Illustrazione Italiana, 20 febbraio 1916
La Basilica di San’Apollinare nuovo a Ravenna danneggiata da veicoli austriaci il 12 febbraio
Le gesta dei bombardatori aerei dell’Austria – ammirate lunedì, 14 anche qui a Milano, – toccarono due giorni prima – il 12 – anche a Ravenna, dove l’azione devastatrice colpì quel gioiello dell’arte bizantina che è la chiesa di Sant’Apollinare nuovo.
Questo tempio, da non confondersi con l’altro di Sant’Apollinare in Classe, che sorge in aperta campagna a quattro chilometri dalla città, al limite della pineta che fu cantata da Dante e da Byron, è la basilica di Ravenna, famosa per la doppia serie di mosaici sopra le due navate: la teoria di 22 vergini e di altrettanti santi in tunica bianca sul fondo nero della composizione. Anni addietro la famosa basilica, prossima agli avanzi della così detta Reggia di Teodorico, venne, per iniziativa di Corrado Ricci, opportunamente restaurata e ricondotta alla primitiva austerità, spogliandola di tutte le superfetazioni delle età posteriori.
La chiesa si chiamò dapprima San Martino in Cielo d’oro, e prese l’attuale nome quando cominciò a formarsi la tradizione che vi fosse stato trasportato il corpo di Sant’Apollinare per metterlo al sicuro dalle incursioni dei Saraceni, i quali nell’ VIII e IX secolo infestavano le spiaggie dell’Adriatico… come oggi gli austriaci.
Innanzi alla chiesa (che è adorna anche d’un caratteristico campanile di forma circolare con bifore e trifore costruito nel secolo IX) si apre una piazzetta con una colonna ionica sormontata da una croce. Alla facciata della chiesa è addossato un elegante portico ionico con quattro pilastri e due colonne. Esso non ha però un gran pregio artistico perché relativamente moderno, non risalendo oltre il secolo XVI nel quale tutta la facciata fu restaurata secondo il gusto classico del tempo.
Le bombe austriache avrebbero prodotto danni irreparabili distruggendo tesori d’incommensurabile valore qualora avessero distrutto l’interno della chiesa, ossia la parte italo-bizantina in cui risiede lutto il rarissimo pregio del tempio. La chiesa è infatti divisa in tre navate da splendide colonne di marmo greco e le pareti laterali sono coperte – come abbiamo detto – da mosaici,
dei quali alcuni risalgono al tempo di Teodorico, e costituiscono una delle maggiori meraviglie artistiche di Ravenna ed un documento di primissimo ordine per la storia del costume e dell’iconografia dell’alto medioevo. Una descrizione di tali opere d’arte è impossibile: bisogna vederle per avere l’idea esatta dello splendore di quelle creazioni di gusto sfarzoso e veramente orientale. Per fortuna la barbara incursione aerea del nemico ha risparmiato la chiesa danneggiando solo il portico, che potrà essere facilmente ricostruito e che d’altra parte costituisce una specie di stonatura rispetto al rimanente del portentoso edificio.
Appena giunta a Roma la notizia del bombardamento, i giornalisti sono accorsi ad interrogare Corrado Ricci, il quale ha ricordato che la basilica da lui così amorevolmente studiata, la volle costrutta Teodorico in contatto col suo palazzo sul principio del sesto secolo, cosicché essa conta più di 1500 anni d’età, ed è perciò di quarant’anni più vecchia dell’altra basilica di Sant’Apollinare in Classe. Nelle prossime strade essa ha visto passare molte volte le orde dei barbari e combattersi lotte e consumarsi saccheggi e prede, ma era giunta quasi incolume fino a noi, coi soli danni che le aveva recato il tempo. Eppure si è osato di chiamare barbaro colui che la fece edificare, quel Teodorico che, condotto a dominare il nostro paese, si studiò di rispettarne le tradizioni di romanità, anzi alla romanità cercò informare le proprie azioni. Che direbbe egli ora se potesse contemplare lo strazio compiuto dai barbari più veri e maggiori?
Ricci ha detto che si recherà a Ravenna appena avrà ricevuto la relazione sull’entità dei danni che pare realmente non siano irreparabili, relazione che compete al dott. Gerola dell’Ufficio ravennate per la conservazione dei monumenti.
Lo stesso Ricci ha ricordato, fra l’altro. che la basilica gloriosa raccolse, con la devozione dei i ravennati, cure continue e ammirazione ardente, ond’è proprio in essa che di recente furono celebrati i funebri dei soldati ravennati morti in guerra.