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 2016  agosto 13 Sabato calendario

Luciano Canfora racconta la storia del patriarca bizantino che inventò la prima Wikipedia

Se dovessi indicare una lettura, al tempo stesso remota e avvincente, ilare e drammatica, suggerirei la “Biblioteca” di Fozio, nell’edizione integrale curata da Nunzio Bianchi e Claudio Schiano (Edizioni della Normale, pagg. 1300, euro 120). Fozio visse tra l’820 e l’890 dopo Cristo. Era un uomo ricco e ambizioso. Apparteneva alla élite bizantina. Fu patriarca di Costantinopoli con alterne fortune. Potente, cadde in disgrazia. Venne arrestato ed esiliato. Oggi lo veneriamo per la sua immensa erudizione che seppe riversare anche in quei 279 libri che egli schedò e che sono uno dei più avvincenti lasciti sul mondo antico. Chiunque oggi si accosti o pratichi Wikipedia dovrebbe essere grato a quest’uomo che intuì in maniera determinante che il sapere si conserva e si trasmette in contenuti accessibili. Fu la sua maniera di lavorare un’intuizione enciclopedica? Lo chiedo a Luciano Canfora, che al libro ha dedicato un’ampia ed esauriente introduzione: «Non c’è dubbio che la suggestione c’è tutta, ma sarei prudente nello stabilire un nesso tra la pratica di insegnamento, ricerca e classificazione instaurata dalla cerchia di Fozio e l’enciclopedismo moderno. Quest’ultimo è soprattutto figlio dell’illuminismo e dell’ascesa di una classe sociale dinamica, intraprendente e desiderosa di potere politico, cioè la borghesia europea tra Sette e Ottocento». Ma cos’erano allora quei testi che Fozio annotava e sintetizzava con grande sottigliezza? Si notano innanzitutto i rimandi interni, le connessioni storiche, le controversie, gli affreschi fantastici, le descrizioni cruente, i personaggi storici e leggendari. È un universo letterario e romanzesco spregiudicato: «Egli sa con la stessa disinvoltura parlare degli atti di un concilio ecumenico come di un romanzo erotico condannato dalla Chiesa». E lo fa consapevole della lotta per il primato tra Roma e Costantinopoli: «Quest’ultima già nel IX secolo era una splendida e ricchissima metropoli, incrocio di varie culture. Mentre Roma era ormai una piccola realtà sia sul piano urbanistico che su quello culturale». In questo contesto Fozio si dimostrò un avversario degli iconoclasti: «Quando fu ripristinato il culto delle immagini la sua famiglia tornò in auge, portando Fozio ai vertici dell’insegnamento e della burocrazia imperiale. Sotto il regno di Michele III divenne patriarca di Costantinopoli, all’epoca la più importante sede della cristianità. Per un decennio dall’857 all’867 egli regnò come patriarca e si scontrò col papa di Roma, il quale lo scomunicò».
Dopo l’avvento al potere di Basilio I il Macedone, un ex stalliere che fece assassinare Michele III, Fozio fu deposto da patriarca: «Cacciarlo fu un’abile concessione che l’imperatore fece al papa di Roma, per ottenere in cambio mano libera di Bisanzio sulla Bulgaria». Il gioco delle diplomazie che in un primo momento sembrava favorevole al papato, si risolse a vantaggio di Bisanzio: «Con spregiudicatezza e cinismo Basilio fece assaltare da un manipolo di pirati la nave che trasportava i legati pontifici che condannavano Fozio. Il papa restò con un pungo di mosche in mano e Basilio poté agire liberamente sulla Bulgaria». Fu un esempio di realismo politico, al quale si adeguò prontamente lo stesso Fozio. Per entrare nelle grazie del nuovo imperatore non esitò a riscriverne, falsificandola, la biografia, attribuendo a Basilio natali non da stalliere ma da principe. Ma come trascorse gli anni duri del carcere? «Durante la prigionia cercò di mettere in salvo i materiali di studio raccolti per decenni dalla sua cerchia. Il cui compito era leggere, postillare, riassumere criticamente libri di ogni argomento, dalla matematica alla filosofia, dalla storia alla teologia. Il materiale che via via si accumulava era così schedato. Quando Fozio fu deposto e condannato, i libri gli vennero confiscati e dal carcere ingaggiò una lotta per riaverli».
Quei libri Fozio e i suoi assistenti li avevano reperiti un po’ ovunque, anche affrontando viaggi avventurosi, nel califfato della lontana Bagdad. Oggi quel mondo evoca comprensibili sensazioni di paura e disagio, ma allora era composto da luoghi di fiorente cultura e di accesa rivalità con l’impero bizantino: «C’era una reciproca emulazione. Molti eretici, soprattutto monofisiti e nestoriani, venivano bene accolti nel mondo islamico. Il califfato aveva inglobato oltre le terre di Egitto e di Palestina anche i loro libri. Ovvio che da Bisanzio si cercasse di attingere a quei tesori. È sintomatico che un secolo dopo Fozio nasca a Bagdad il Catalogo di Al-Nadim, un’opera per molti versi simile alla “Biblioteca”. Quando l’invasione turca distrusse il califfato ne distrusse anche le istituzioni culturali. Chi oggi si richiami al califfato non ha la più pallida idea di che cosa esso fosse».
Per lungo tempo la Bibioteca di Fozio si inabissò, fino a perderne le tracce. Quella grande opera di catalogazione dei libri antichi era una delle rare testimonianze del molto che era andato perduto. Ritrovarla significò poter far luce su una parte importante del mondo antico. Fu il cardinal Bessarione, all’inizio del XV secolo, a entrare in possesso di due preziosi manoscritti della “Biblioteca”. Le vicende che coinvolsero i manoscritti sono state ricostruite nei vari passaggi. Si comprese che la “Biblioteca” conteneva molte pagine di testi greci inesorabilmente smarriti. Divenne perciò imprescindibile pubblicarla. L’impresa di pubblicare in latino la “Biblioteca” riuscì a un abilissimo gesuita di Anversa, André Schott. Anche il mondo protestante si interessò alla “Biblioteca” e in polemica con i gesuiti dissero che Fozio aveva inventato le riviste in senso moderno.
Era vero? L’impalcatura editoriale che l’illuminato patriarca adottò non era interamente nuova: «Già nell’Alessandria di Ipazia e di Sinesio o, più tardi, in quel che restava della scuola neoplatonica dopo la dominazione araba, funzionava allo stesso modo». Ma in fondo, grazie a lui, era la prima volta che un testo letto, riassunto ed annotato, prese la forma di una proto-recensione. Si sa che il genere si affermò solo nel Settecento, ma Fozio fu il primo a fornire oltre la descrizione anche il giudizio sul libro letto. La Biblioteca non era destinata al pubblico, fu semmai uno strumento di formazione e di difesa, di lotta ideologica diremmo oggi. Essa si collocò sullo sfondo di una guerra civile fra iconoclasti e adoratori dell’immagine. Verrebbe la tentazione di cogliere questi ultimi come i soli trionfatori di una partita di cui solo oggi cogliamo gli effetti globali. Affascinante fu il protrarsi di avventure editoriali che riguardarono la “Biblioteca”. La prima importante edizione moderna fu di Immanuel Bekker del 1824. Seguirono altre edizioni spesso trafitte di errori. Ci sono infine quella curata dal grande bizantinista Nigel Wilson (pubblicata da Adelphi) e oggi questa edizione integrale.
Nel tempo Fozio ebbe nuovi trionfi e subì altri tracolli. Presumibilmente morì in un convento in Armenia. «Il suo lungo governo della chiesa bizantina», dice Canfora, «creò le premesse dello scisma d’Oriente, formalizzato soltanto nell’XI secolo e tuttora perdurante. Il suo grande lascito non è solo teologico-politico, ma anche culturale, scientifico e umanistico. La ripresa della conoscenza della letteratura greca antica si deve in larga parte a lui e a coloro che ne proseguirono l’opera». Per molti degli scrittori recensiti, la “Biblioteca” fu la sola testimonianza di ciò che quegli autori avevano scritto. Bisanzio nei secoli IX e X fu una grande potenza militare, economica e culturale, di gran lunga prevalente rispetto alle nascenti potenze occidentali. Quell’uomo di audacia ed erudizione seppe esserne uno dei massimi artefici.