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 2016  agosto 13 Sabato calendario

Che musica c’è nella playlist di Obama

Il «rap» duro di Chance the Rapper che in Acid rain racconta la vita violenta della Chicago nera, la voce sensuale della Billie Holiday di Lover man. E poi Me gustas tu di Manu Chao. Perché gli piace il suo ritmo scanzonato e per mandare un messaggio: io, presidente del «free trade», ascolto tutti, dialogo con tutti e abbraccio l’icona dei «no global».
Appena pubblicata, la notte scorsa, la «playlist» delle vacanze estive di Barack Obama viene analizzata, sezionata da tutti i lati: gusti musicali, messaggio politico, stato dei rapporti con Michelle, uno sguardo nostalgico alle figlie che diventano adulte e si allontanano. Addirittura l’eredità della sua presidenza declinata in musica: un modo per farsi ricordare con le note dei suoi artisti preferiti.
Ma la «playlist» non è una novità alla Casa Bianca. Il team del presidente cerca da sempre di raggiungere le nuove «audience» attraverso i «social media»: prima Facebook e Twitter, poi Instagran e Periscope e, dall’anno scorso, anche la musica di Spotify. La «playlist» delle vacanze a Martha’s Vineyard ricalca lo schema di quella dell’agosto 2015: una ventina di brani per il giorno e altrettanti per la notte, passando dal rock al rhythm & blues via jazz e soul music.
In mezzo ci sono state la «playlist» di Natale, fatta insieme al suo vice, Joe Biden, e quella autunnale di Michelle Obama. Le scelte di Barack vengono passate al microscopio: c’è Forever begins di un altro rapper, Common. C’è, a sorpresa, l’australiana emergente ma non ancora popolarissima, Courtney Barnett, con Elevator operator e Fiona Apple con Criminal. Ma ci sono anche tanti sguardi sul passato con Rock steady di Aretha Franklin, una canzone degli anni ‘70, e Good vibrations, dei Beach Boys. E c’è l’omaggio a Prince, scomparso quest’anno, con U got the look. Nella notte, poi, c’è spazio per qualche motivo a sfondo erotico (come Green Aphrodisiac di Corinne Bailey Rae) ma anche per la gioia facile di My funny Valentine di Miles Davis e di Cucurrucucu Paloma di Caetano Veloso.
Qualche critico nota, oltre alle scelte, le omissioni. Non c’è la sua «musa» Beyoncé: perché l’ultimo album – Lemonad e, un enorme successo – è troppo forte con la sua protesta rabbiosa e l’inno a «Black Lives Matter»?
Forse è solo una questione di equilibri: Beyoncé c’era l’anno scorso e ora in lista c’è suo marito Jay Z con So ambitious. Vale anche per altre assenze «eccellenti» tra i supporter di Obama come Bruce Springsteen, Stevie Wonder (c’era l’anno scorso, come anche Bob Dylan). Mentre altre star democratiche come Katy Perry e Alicia Keys sono entrate alla casa Bianca già nel 2013 con la «playlist» della festa inaugurale del secondo mandato presidenziale di Obama.
Fino a che punto questa è davvero la musica di Obama? E il presidente ha davvero il tempo di farsi una seria cultura musicale? A Barack la musica piace davvero come dimostrano i tanti cantanti da lui invitati alla Casa Bianca. E Obama cerca di proiettare l’immagine di un uomo normale che per affrontare con saggezza ed equilibrio le tante decisioni gravi che deve prendere cerca di non perdere il contatto col Paese reale. Uno che ha bisogno di rilassarsi – golf o musica – per concentrarsi meglio.
Ma non ha torto chi vede in questa lista anche un mattone della «legacy», l’eredità politica e culturale che Obama lascia al suo Paese: il presidente del dialogo che sa ascoltare tutti, senza pregiudizi. Dicono che i motivi nostalgici riflettono il suo stato d’animo, visto che presto lascerà la Casa Bianca. Con due candidati alla successione non entusiasmanti e i suoi indici di gradimento in ascesa, forse in quella musica c’è anche un bel pezzo d’America che già lo rimpiange.