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 2016  agosto 13 Sabato calendario

Perché Erdogan vuole arrestare Hakan Sukur

A vederli insieme in un vecchio filmato che ancora circola su YouTube viene difficile pensare che il connubio sia finito. È il 1995. Erdogan è appena diventato sindaco di Istanbul. Stretto in una camicia rossa sgargiante, presenzia alle nozze. Sposo, Hakan Sukur, il campione del Galatasaray, da poco ceduto al Torino. Ma nemmeno il testimone è uno di quelli che passano inosservati. A destra del Re del Bosforo, in completo beige, siede il predicatore Fethullah Gülen.
Oggi a distanza di oltre vent’anni anni, gli attori sono gli stessi. Ma i sorrisi sono spariti. Già, perché ieri sulla scia delle purghe ordinate dopo il tentato golpe del 15 luglio, Erdogan (che nel frattempo è diventato primo ministro e poi presidente, fino a conquistarsi il soprannome di Sultano) ha fatto emettere un ordine di cattura per Sukur. Ma non solo. Non contento, gli ha congelato i conti bancari e gli ha fatto arrestare il padre. Accusa: far parte della rete di Gülen che avrebbe tramato per rovesciare il Sultano.
Il legame tra Gülen e Sukur ha origini lontane. Finita la carriera calcistica – nel frattempo c’è stata anche la breve parentesi all’Inter – nel 2011 l’ex capitano della nazionale turca (la stessa che ha portato in semifinale ai mondiali di Corea, dove segna il gol più veloce dei mondiali), entra in politica con l’Akp di Erdogan, probabilmente su consiglio dello stesso Gülen. È la mascotte perfetta per le fotografie di rito. Il primo ministro se lo porta dietro in ogni occasione. Nei video d’archivio lo si vede palleggiare davanti alla Regina Elisabetta in visita in Turchia e sorridere tirato ai flash dei fotografi nelle cene sul Bosforo. Dietro le quinte dei tappeti rossi i sorrisi però si spengono. Nel dicembre 2013, dopo le accuse di corruzione, Erdogan rompe definitivamente con Gülen. Sukur deve scegliere da che parte stare e segue la scia del padre spirituale. «Vederlo trattato da traditore dopo tutto quello che ha fatto per il Paese è insostenibile», scrive nella lettera di dimissioni. Sbatte la porta e se ne va dall’Akp.
Per due anni Sukur sparisce dai radar, i capelli si sono ingrigiti e la barba allungata. Poi, nel 2015, segue l’esempio del predicatore e si trasferisce negli Stati Uniti dove progetta di aprire un centro sportivo in Florida. Ma il Sultano lo tiene nel mirino. In febbraio chiede quattro anni di prigione per un tweet in cui Sukur lo avrebbe definito «ladro». Lui si difende. Erdogan è una furia. Si accanisce anche contro il cestista dell’Nba Enes Kanter e aspetta il momento della vendetta. Fino a ieri, quando ha messo definitivamente la parola fine all’idillio.