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 2016  agosto 12 Venerdì calendario

Il tour della mondezza romana. Ecco dove finisce

Il camion dell’Ama è rosso porpora, bordi gialli. Si accosta al cassonetto, lo aggancia con due bracci meccanici, lo solleva lentamente e rovescia il contenuto nel suo grande “stomaco” maleodorante. Inizia sempre così il lungo viaggio dell’immondizia romana. Inizia così, da una strada qualunque del quartiere San Giovanni, della Balduina o del Casilino, per finire chissà dove: a Pordenone se si tratta di rifiuto organico, nella Lucchesia se si parla di carta, addirittura in Romania, in Bulgaria o in Portogallo se il rifiuto indifferenziato entra nel circuito degli impianti di trattamento di proprietà di Manlio Cerroni a Malagrotta.
In totale sono 62 i siti che in tutta Italia accolgono l’immondizia prodotta a Roma, sparsi in 10 regioni. E, come se non bastasse, c’è anche l’Europa: est, con Romania, Bulgaria, ovest col Portogallo. È lì che il novantenne Cerroni (avvocato, autodefinitosi «il re dei monnezzari») possiede tre delle sue 114 discariche dislocate in tutto il mondo.
A questi tre Paesi presto si aggiungeranno anche Germania e Austria, dove Ama ha scelto, dopo una gara d’appalto, di inviare 160 mila tonnellate di immondizia l’anno. Bisognerà attendere le autorizzazioni richieste pochi giorni fa dalla Regione ma il più sembra fatto. E così si aggiungeranno i treni ai 183 camion che già oggi, dalla capitale, partono verso le più diverse destinazioni in una sorta di paradossale ribaltamento del detto “Tutte le strade portano a Roma”. Stavolta è “Tutte le strade portano i rifiuti di Roma”.
Avviene così dal primo ottobre 2013, quando l’allora sindaco Ignazio Marino chiuse definitivamente i 240 ettari della “buca” di Malagrotta, la discarica più grande del mondo. Fino ad allora tutta la spazzatura della capitale veniva sversata lì, contravvenendo alle prescrizioni dell’Unione europea, e spargendo effluvi puzzolenti. Da quasi tre anni a questa parte è iniziato invece il lungo viaggio dell’immondizia romana. C’è la plastica che finisce in Lombardia, gli scarti leggeri e pesanti del cdr (il combustibile da rifiuto) che vanno in Abruzzo, ad Avezzano, o in Emilia Romagna, nei diversi impianti di Hera, da Bologna a Ravenna, da Forlì a Ferrara, a seconda delle disponibilità giorno per giorno. Poi c’è la Fos, la frazione organica stabilizzata, che va in discarica a sud, in provincia di Taranto, o a nord, a Montichiari, in provincia di Brescia.
In numeri assoluti si parla di 5.000 tonnellate di immondizia che quotidianamente la città di Roma produce. Di queste, più di 2.000 sono costituite da materiali riciclabili, 3.000, invece, sono rifiuti indifferenziati. Delle 2.000 tonnellate avviate al recupero, 5-600 sono rifiuto organico che va negli impianti di compostaggio. Ebbene, il primo deficit impiantistico di Roma è su questo versante: la capitale ne ha solo uno, a Maccarese, mentre servirebbero siti che trattano fino a 200 mila tonnellate di rifiuti organici all’anno. Quella cifra non si raggiunge nemmeno mettendo insieme tutti gli impianti del Lazio.
Per questo bisogna andare fuori. Con costi che crescono e con un mercato “drogato” dalla crescente domanda che arriva da Roma. Solo per fare qualche esempio, snocciolato anche davanti alla commissione parlamentare Ecomafie da Daniele Fortini, l’ex presidente di Ama, entrato in guerra con l’assessora capitolina Paola Muraro: per portare i rifiuti a Pordenone Ama paga 80 euro a tonnellata “al cancello”, all’ingresso dell’impianto, e 40 euro per il trasporto, 1300 km tra andata e ritorno. Ad Aprilia, invece, nell’impianto Kyklos di proprietà di Acea (socio di maggioranza il Comune di Roma) il trasporto costa molto meno, 11 euro, il conferimento molto di più, 95 euro.
Il prezzo lo fa il mercato e il mercato sa che Roma ha una disperata necessità di piazzare la sua immondizia per non andare in emergenza. Per questo i tedeschi del consorzio Enki si sono aggiudicati l’appalto al prezzo di 138 euro a tonnellata. Quasi il triplo del loro prezzo standard che oscilla tra i 50 e i 55 euro a tonnellata. Sempre meno del prezzo fissato da Cerroni per conferire negli impianti di Malagrotta. Lì Ama spende 143 euro a tonnellata. E anche lì, se chiedi il perché, la risposta è una sola: è il mercato, bellezza.