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 2016  agosto 12 Venerdì calendario

Il business italiano delle sofferenze vale 52 miliardi

Il grande business delle sofferenze cambia marcia, spinto dalla montagna di crediti a rischio di cui vogliono – o meglio, devono – disfarsi le banche italiane. Al giro di boa del 2016, dice una fotografia scattata da Deloitte, le vendite dei crediti non performanti Npl (non performing loans), a livello europeo, avevano già superato 112 miliardi, più delle operazioni concluse in tutto il 2015. Gli affari più grossi si fanno nel nostro Paese: agli 11,4 miliardi di crediti a rischio già passati di mano, si sommano i 40,6 miliardi per cui le trattative sono in stato avanzato. All’interno del numero, ovviamente, ci sono i 27 miliardi di cui il Monte dei Paschi si libererà entro la fine dell’anno, ma anche somme più piccole. Quali? Circola l’indiscrezione secondo cui il fondo americano Apollo punta a un pacchetto da mezzo miliardo di euro di sofferenze attualmente in carico alle Banche di credito cooperativo, mentre la Popolare di Bari ha appena ceduto un portafoglio di 480 milioni grazie all’abbinamento della cartolarizzazione con l’assegnazione dei rating ed il rilascio della Gags, la garanzia pubblica che – dopo la lunga trattativa con l’Europa – fa il suo debutto. Un’operazione innovativa, che dovrebbe essere replicata su un altro pacchetto da 300 milioni e permette di alzare il prezzo delle sofferenze.
«Le vendite di npl in Italia crescono e guidano il mercato» commenta l’analista di Deloitte David Edmonds, ma «i livelli di crediti deteriorati sono ancora enormi, a circa 360 miliardi di euro. In ogni caso – prosegue – il governo italiano ha aumentato il suo coinvolgimento nel mercato degli Npl e fatto passi importanti perché resti aperto agli investitori». Lo scorso anno, secondo Deloitte, le banche italiane avevano vendute 17,3 miliardi di crediti, dietro solo alla Gran Bretagna (44,5 miliardi). La più attiva? Unicredit, con 4,6 miliardi di cessioni.