La Stampa, 11 agosto 2016
A Trump bastano due patatine e un hamburger per crescere nei sondaggi
Donald Trump non conosce giorno senza finire al centro di una bufera politica, complice la leggerezza dei suoi toni a dir poco provocatori. Eppure il candidato repubblicano, schiaffeggiato da sinistra e da destra, non vacilla, anzi incassa e risponde suonando la carica al suo popolo, quello «magico» delle primarie, e lo fa parlando loro alla pancia. E con puntuali colpi di reni nei sondaggi. Certo la battuta choc che evoca uno stop forzato della rivale Hillary Clinton con il ricorso alle armi da parte del «popolo del Secondo emendamento», (quello che consente di possedere pistole per difesa personale) ha sollevato indignazione bipartisan. Monta il pressing affinché il tycoon si faccia da parte: volontariamente o «scaricato» con un gesto coraggioso del partito che lo ha candidato. «Questo non è più un gioco», titola indignato il Daily News, ma l’attacco più duro arriva dal New York Times, con due editoriali senza precedenti per i toni usati nei confronti di un candidato presidenziale, definito «un essere ripugnante». «I figli dovrebbero vergognarsi», afferma Thomas Friedman, opinionista di punta del giornale, mentre l’Editorial Board scrive: «È giunta l’ora per i repubblicani di ripudiare Trump una volta per tutte». Fanno effetto anche le invettive della figlia di Martin Luther King, Bernice, che parla di parole «sgradevoli, inquietanti e pericolose». Ma a lasciare il segno sono soprattutto gli attacchi che vengono dall’interno del Partito repubblicano, ultimo dei quali quello di John Negroponte, ex numero uno dell’intelligence Usa con George W. Bush, che annuncia il sostegno alla Clinton. Un atto di coraggio viene chiesto anche ad altre icone del Gop, come lo speaker della Camera Paul Ryan che vince a mani basse le primarie per la rielezione in Congresso. Un segnale dall’elettorato repubblicano che dovrebbe ulteriormente preoccupare Trump, il quale in un primo momento si era rifiutato di dare il suo appoggio a Ryan salvo poi ricredersi dietro le pressioni del partito. Segni di preoccupazione Trump non ne mostra affatto e anzi cavalca a modo suo la vittoria di Ryan. È il suo modo di far fronte «all’indignazione perbenista» con la retorica populista, e lo fa parlando alla pancia degli americani. Nel vero senso della parola: noncurante delle tendenze in atto per un’alimentazione sana e dell’ossessione per il biologico, Trump non fa mistero del suo amore per patatine e hamburger. Una delizia che, non esclude, potrebbe essere offerta anche alla Casa Bianca al posto delle cene di Stato, per risparmiare tempo e tagliare i costi. Se Barack Obama, sotto il rigido controllo di Michelle, mangia legumi e mandorle salate, e George W. Bush era un patito dell’esercizio fisico, Trump dice con orgoglio: «I big Mac sono fantastici». L’ultimo sondaggio Bloomberg dà la Clinton al 50% dei consensi contro il 44% del tycoon. C’è chi attribuisce il recupero al piano economico illustrato da Trump, con tagli generalizzato delle tasse. C’è chi invece lo riconduce alla memoria storica dell’America, ovvero al fatto che ci fu un altro presidente che amava finire le sue corse da McDonald’s. Ironia della sorte si chiamava Bill Clinton.