la Repubblica, 11 agosto 2016
Per Schwazer è tutto finito. È stato condannato a otto anni di squalifica per dopping
La fine del film era parsa già scritta. Ma è comunque una botta durissima. Anche soltanto a leggere le parole. Otto anni di squalifica per Alex Schwazer: «Sono distrutto» è la prima reazione dell’atleta che non ha poi voluto aggiungere altre considerazioni. In pratica l’altoatesino ha chiuso qui, gironzolando sulla ciclabile di Copacabana, senza nemmeno troppe speranze che il film potesse concludersi con un happy end. Al netto di improbabili sconti, quest’uomo dilaniato potrebbe riemergere soltanto a 39 anni. Ma perché dovrebbe farlo? È finita: «Avevamo compreso che la Iaaf ci avrebbe messo in una difficoltà crescente ma essere arrivati a questo punto è stata una beffa – dice il suo tecnico Donati – Alex ci teneva a inseguire il suo sogno olimpico fino all’ultimo, gli abbiamo dato quest’ultima possibilità, ben sapendo cosa ci aspettava. Non poteva esserci che questo esito. È evidente un fine persecutorio nei suoi confronti, dovevano eliminarlo. Gli hanno stroncato la vita». La sua carriera scompare in un breve comunicato che il Tas fa recapitare in privato alle parti in causa: la Iaaf e lui, il mondo dell’atletica e uno staff aggrappato a qualche appiglio documentale. La recidività al doping è stata determinante per stabilire l’entità della condanna. Ed è proprio sulla recidività che va giù pesante ancora una volta Gianmarco Tamberi: «Ho sempre pensato che un atleta quando viene trovato dopato non debba più vestire la maglia azzurra perché non rappresenta più i valori della nazionale. Non è un accanimento contro Schwazer, ma un mio modo di pensare il mondo dello sport senza doping. Otto anni sono giusti? Non lo so, ma è stato trovato positivo due volte... Non lo dico certo io. Il doping non deve fare parte dello sport».
Da un’Olimpiade all’altra c’è stato il tempo per peggiorare e finire nel buco nero. Il Tas non ha ascoltato nemmeno una delle motivazioni offerte dalla difesa. La Iaaf voleva giustizia per il controllo del 1° gennaio da cui tutto è iniziato: dalle urine del marciatore emerse un “profilo anomalo” che avrebbe consigliato il laboratorio di Colonia di considerare indispensabile un approfondimento, e di spedire la provetta a Montreal per indagare con altri strumenti. Attraverso questi prese vita la positività a testosterone e testosterone sintetico. Piccole quantità, sufficienti a evidenziare un assurdo ma reale dolo che improvvisamente, pochi giorni dopo la vittoria di Schwazer ai Mondiali a squadre di Roma e il conseguente approdo a Rio mediante“