Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 11 Giovedì calendario

Il paradosso dell’energia: l’Italia ne produce troppa e non la esporta bensì la importa


L’Italia ha il parco centrali a gas più efficiente d’Europa, grazie alle quali potrebbe vendere una buona parte dell’elettricità prodotta in eccesso, ma non riesce farlo. Anzi, rispetto ad altre nazioni dell’eurozona, ha il peggior saldo energetico. In altre parole: non solo “buttiamo” l’energia che produciamo, ma parte dell’energia che consumano le nostre famiglie e le nostre imprese, viene acquistata dall’estero.Per gli addetti ai lavori è il paradosso tutto italiano del mercato elettrico. Che viene confermato da un report di Assoelettrica, l’associazione che raccoglie buona parte dei produttori. Nel prendere in esame i dati dei primi sei mesi del 2016, lo si legge molto chiaramente: «Effettuando un confronto dell’Italia con i principali paesi della Ue, salta all’occhio come l’Italia nonostante il surplus di capacità produttiva installata, importi una quantità significativa di energia elettrica rispetto a quella prodotta internamente. Tutti gli altri paesi, ad eccezione del Regno Unito, destinano una parte della loro produzione all’esportazione».Del resto, i numeri sono lì da vedere. In pratica, la Germania riesce a esportare più o meno la stessa quantità di energia che nello steso periodo l’Italia ha comprato da altre nazioni. Per la Francia, il saldo è ancora più favorevole: i transalpini riescono a esportare una quota di elettricità che supera di un terzo quello della Germania.I motivi del paradosso energetico italiano sono essenzialmente due. Come spiega il presidente di Assolettrica l’ex manager di Enel Simone Mori: «La questione viene da lontano. In parte, si spiega con il fatto che altri paesi dispongono di impianti nucleari, i quali riescono a produrre energia a un prezzo più basso e la parte in eccesso viene venduta su altri mercati, soprattutto in quei periodi in cui i prezzi nelle borse elettriche sono più alte». E perché l’Italia non riesce a fare altrettanto, quando i prezzi lo consentirebbero? «L’Italia – spiega sempre Mori – potrebbe sfruttare la flessibilità delle sue centrali a gas, le quali riescono a essere attivate molto velocemente rispetto alla rigidità di un impianto nucleare: così facendo potremmo vendere elettricità quando gli altri paesi hanno “picchi” di energia che le loro centrali non possono soddisfare. Ma perché questo avvenga ci sono ancora ostacoli legislativi e burocratici da superare: la Ue a parole vuole accelerare la creazione di un mercato unico dell’energia ma, nei fatti, l’insieme delle regole da armonizzare tarda ad essere approvata».Ed è anche per questo che le imprese italiane – come si legge nell’ultima relazione dell’Authority dell’energia relativa al 2015 – pagano un prezzo dell’elettricità tra il 20 e il 30 per cento superiore rispetto ai paesi dell’eurozona.