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 2016  agosto 11 Giovedì calendario

Battaglia finale contro l’Isis a Sirte • I soldati italiani in azione in Libia • La Germania vuole vietare il burqa • L’avvocato dei processi di ‘ndrangheta ucciso a Lamezia Terme • A Londra nascerà un ospizio di lusso con spa e tunnel sotterraneo • L’asino di Oliviero Toscani

 

Libia 1 Da ieri pomeriggio è cominciata la battaglia finale per Sirte, la principale roccaforte libica di Isis. Le milizie di Tripoli e Misurata, grazie alla crescente copertura aerea americana, sono riuscite a liberare Ouagadougou, una serie di giganteschi palazzoni dove si era arroccato Isis sin dalla presa di Sirte oltre un anno fa. Nei suoi sotterranei si trovano depositi di cibo e munizioni, i suoi muri spesso di cemento armato rappresentano ottime difese contro le bombe. «Preso Ouagadougou, presa Sirte», dichiaravano in giugno i responsabili dell’assedio dopo aver sconfitto Isis nel deserto verso Misurata. Difficile però dire con precisione quando Isis sarà definitivamente sconfitto. Quella per Sirte è una classica guerriglia urbana. Ci si batte strada per strada, casa per casa. Isis si ritira minando tutto attorno. Le forze assedianti dai primi di maggio hanno avuto già quasi 400 morti (compresi quelli delle ultime ore) e circa 2.100 feriti. Gli aiuti alleati sono importantissimi, ma ad avanzare fisicamente sul campo sono i libici. Secondo i servizi d’informazione libica «centinaia, se non migliaia, di jihadisti di Isis nelle ultime settimane hanno avuto modo di scappare verso il deserto». Ciò significa che a Sirte potrebbero rimanerne solo un numero limitato. «Forse trecento e quattrocento», dicono a Tripoli. In genere gli assediati, quando presi in trappola, si fanno saltare in aria e uccidono i loro prigionieri. Anche le milizie in avanzata eliminano i nemici caduti nelle loro mani. Nel cuore della città resta inoltre ancora una piccola presenza di popolazione civile, valutata a circa 5.000 persone. Tra loro, moltissimi seguaci del vecchio regime (Cremonesi, Cds).

Libia 2 Il premier Matteo Renzi ha autorizzato per la prima volta una missione di forze speciali in zona di guerra. Lo ha fatto in Libia, come conferma un documento rivelato dall’Huffington Post e ricevuto di recente dal Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti. Sono alcune decine i militari italiani (uomini del Reggimento «Col Moschin», del gruppo operativo incursori del Comsubin, del gruppo intervento speciale dei carabinieri e incursori dell’aeronautica militare) partiti con il compito non di combattere ma di fare da istruttori alle milizie libiche di Sarraj e delle tribù di Misurata, addestrandole alle operazioni di sminamento e a difendersi dai cecchini dell’Isis, attraverso l’uso di strumenti di precisione come i binocoli termici infrarossi. L’intervento è stato autorizzato da Renzi su esplicita richiesta del governo libico di Fayez Al Sarraj e a confermare il consolidamento dei rapporti bilaterali è arrivata, ieri sera, la decisione del Consiglio dei ministri di compiere un passo importante verso la riapertura della nostra ambasciata a Tripoli nominando alla sua guida Giuseppe Perrone, attuale vicedirettore degli Affari Politici alla Farnesina (Schianchi, Sta).

Libia 3 La missione italiana in Libia avviene sulla base dei nuovi poteri assegnati al presidente del Consiglio dal decreto sulle missioni all’estero approvato dalle Camere alla fine dell’anno scorso, e più precisamente all’articolo 7 bis votato tanto dalla maggioranza quanto da Forza Italia, M5S, Lega Nord e Fdi (si distinse Si), pensato per consentire al governo velocità di reazione nella risposta alle minacce dei terroristi dopo gli attentati di Parigi. Si tratta di una norma che, per ventiquattro mesi, permette al presidente del Consiglio di autorizzare missioni all’estero di forze speciali – in situazioni di crisi o di emergenza, con pericolo per la nostra sicurezza nazionale o di nostri connazionali all’estero – inserendole sotto la catena di comando dei servizi segreti (ibidem).

Burqa Pronto in Germania un pacchetto di norme antiterrorismo che saranno annunciate oggi dal ministro dell’Interno tedesco Thomas de Maizière. Prevedono la velocizzazione delle procedure di espulsione; una maggiore flessibilità nella gestione dei dati sui sospetti; la possibilità, per i medici, di violare il segreto professionale e informare le forze dell’ordine nel caso in cui un paziente confidi loro di voler compiere reati. Il 18 agosto i ministri dell’Interno dei vari Länder appartenenti a Cdu e Csu discuteranno con de Maizière un secondo pacchetto di 27 misure. Tra le richieste ci sono l’aumento di 15 mila unità, entro il 2020, delle forze di polizia; un aumento della videosorveglianza in luoghi pubblici; la cancellazione della possibilità, per i tedeschi, di avere la doppia cittadinanza; la messa al bando del velo integrale. Una misura simile a quest’ultima già esiste (in Francia e Belgio, ad esempio; e persino in Germania, pur se solo in situazioni specifiche, ad esempio negli stadi), ma un comitato governativo l’aveva giudicata, nel 2012, potenzialmente incostituzionale. Il ministero dell’Interno, per smorzare le polemiche, ha chiarito che queste proposte — la «Dichiarazione di Berlino» — sono ancora sotto esame: ma il fatto che siano state rese note aumenta la pressione sulla Cancelliera, in calo nei sondaggi e costretta, dopo gli attacchi di luglio (due dei quali rivendicati da Isis) a promettere un aumento della sicurezza. La Germania ha accolto lo scorso anno un milione di migranti; solo 54 profughi, ha rivelato a luglio uno studio, sono stati finora assunti da grandi aziende tedesche. E nell’autunno del 2017 si terranno nuove elezioni (Casati, Cds).

Delitti Francesco Pagliuso, 43 anni. Di Lamezia Terme, avvocato penalista tra i più noti della Calabria, impegnato in numerosi processi di ‘ndrangheta, difendeva boss e esponenti di primo piano delle cosche. Il suo studio era però frequentato anche da politici, amministratori pubblici e imprenditori. Socio di due noti locali del centro, I Giardini del Novecento e il Novecento, separato, un figlio di sei anni. Da qualche tempo nella sua villa aveva fatto installare un sistema di sorveglianza, e se andava in giro con una 44 magnum con il colpo in canna di cui non faceva mistero. Però a detta di chi lo conosceva era sereno e non aveva mai manifestato alcun timore per la sua vita. Martedì sera, avendo un appuntamento con la fidanzata, uscì dalla sua villa, montò sulla Bmw bianca parcheggiata in cortile ma appena ebbe varcato il cancello elettrico al finestrino s’avvicinò uno che gli sparò tre colpi di pistola al collo e alla testa. Intorno alle 22,30 do martedì 9 agosto all’esterno di una villa nel cuore di Lamezia Terme (Catanzaro).

Ospizi A Londra, alle spalle di Harrods, nascerà un ospizio per ricconi con spa, clinica medica, vista su Hyde Park e tunnel sotterraneo che porterà ai grandi magazzini. Il costo di un appartamento nel residence partirà da sette milioni di euro. Ma questa modesta cifra riguarderà solo gli alloggi più piccoli, da 100 metri quadrati e una sola stanza da letto. Per i 28 alloggi da due stanze da letto, si salirà ancora (Griseri, Rep).

Toscani 1 Nella sua tenuta a Casale Marittimo (Pisa) sulle colline tra Volterra e Bolgheri, Oliviero Toscani ha cavalli, galline, cani, maiali («che diventano prosciutti e salami ma dopo una vita da veri signori») e un asino di nome Rocco, 12 anni, a cui è affezionatissimo: «L’asino è un grande lavoratore, si sacrifica, dà tutto, non tradisce, non ha grandi esigenze. Un tempo, prima dell’industrializzazione agricola, era perno fondamentale, umile ma prezioso per il contadino. Il paradosso è, guardando ai presuntuosi umani di oggi, che purtroppo ci sono pochi asini e troppi somari: in politica, nelle aziende, in tv, in strada. La moda dei selfie per esempio è un esercizio di stupidità assoluta. Rocco è mille volte più intelligente di quelli che mi chiedono un selfie per poi scaricarlo su qualche social forum». L’asino di casa Toscani potrebbe trovare un suo provocatorio ruolo come assistente del capo: «Sono spesso tentato di mettere due fotocamere, naturalmente leggere, alle orecchie di Rocco e portarlo in giro, magari in una grande città: sono convinto che uscirebbero foto migliori di tante che si vedono in giro. È pazzesco, ormai sono tutti fotografi, perché scattare foto è più facile che leggere, scrivere, pensare, parlare con gli altri. Arrivano da me e: “Può guardare il mio book?”. Spesso roba in bianco/nero che fa più figo, genere artista, io mi metto a sghignazzare e loro s’incazzano perché sono pure boriosi. Purtroppo la macchina fotografica ha capacità galvanizzanti: fa sentire immensi anche i più sprovveduti dilettanti. Invece o sei un autore o non sei niente. Pensiamo alla matita: la gente normale se ne serve per segnare numeri di telefono mentre Einstein ci ha scritto la formula della relatività. Non so se mi spiego» (Paracchini, Cds).

Toscani 2 A scuola Toscani era «decisamente un somaro. Alle elementari il maestro aveva consigliato mia mamma d’iscrivermi all’avviamento al lavoro. Il liceo invece l’ho trovato inutile e di noia mortale. Infatti al mattino invece d’andare a scuola spesso mi catapultavo in uno di quei cinema che davano spettacoli per gente che bigiava. Io e tanti somari come me ci siamo formati di più con grandi film che sui libri di testo».

(a cura di Roberta Mercuri)