la Repubblica, 10 agosto 2016
Immenso Phelps. E sono 21 medaglie d’oro
Appena tocca, davanti a tutti come sempre e per la ventesima volta ai Giochi (più tardi arriverà pure la ventunesima), il Cannibale di Baltimora si siede a cavalcioni della corsia, fa ciao ciao con la mano all’Aquatics Stadium, sembra persino commuoversi. Michael Phelps ha appena vinto la ventesima medaglia d’oro olimpica della sua carriera (davanti al giapponese Sakai e all’ungherese Kenderesi), quasi in scioltezza e solo subendo un piccolo recupero da Sakai negli ultimi 30 metri, e nella gara che nel cuor gli sta, i 200 farfalla: sulla distanza si era qualificato per le sue prime Olimpiadi, Sydney 2000, ad appena 15 anni, e pochi mesi dopo, nel 2001, ancora nei 200 farfalla aveva stabilito il record del mondo, avviando la sua leggenda. Che ora, alla quinta Olimpiade e alla quinta finale sulla distanza (anche questo un record), diventa qualcosa di incommensurabile, di impensabile per gli umani. Tra l’altro Phelps frantuma anche primati di longevità: a 31 anni e 40 giorni, è il più anziano vincitore di un oro individuale nella storia del nuoto. Alla premiazione, pubblico in piedi e plaudente in un’ovazione emozionante, e quando nella piscina risuona “The star spangled banner”, Phelps ha la mano sul cuore e gli occhi lucidissimi, anzi ora una furtiva lacrima si intravede: chissà cosa deve sentire, dentro, uno che è nella storia dello sport in questo modo, primo davanti a tutti e per sempre. Ma il Cannibale è anche uomo-squadra, oltre che portabandiera degli Usa ai Giochi di Rio, e mette il cappello alla serata arraffando un altro oro, nella staffetta 4x200 insieme a Dwyer, Haas e Lochte (davanti a Gran Bretagna e Giappone), sempre esibendo quegli orribili succhiotti sulla pelle che scaturiscono dalla pratica del “cupping”. Così il bilancio di Phelps sale a 21 ori complessivi alle Olimpiadi (tre già in questa edizione), più due argenti e due bronzi: 25 medaglie in tutto. Una mostruosità. Ma un piccolo mostro di questi Giochi è anche l’ungherese Katinka Hosszu, la Iron Lady delle vasche: dopo l’oro nei 400 misti e nei 100 dorso, si aggiudica anche i 200 misti, e col record olimpico, issando l’Ungheria al terzo posto del medagliere dopo quattro giornate di gara. Alla Hosszu manca ancora parecchio per arrivare a Phelps, ma anche lei è una delle regine di Rio 2016.