Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 10 Mercoledì calendario

Campriani e gli altri laureati olimpici che si preparano un domani

Fatti una vita. Preparati per il dopo. Arriva sempre il momento in cui un atleta se lo sente dire, in genere lo considera come un presagio del capolinea, oppure un bivio. Devi scegliere, sport o studio. Niccolò Campriani ha sempre rifiutato di prendere una strada obbligata. «Non mi sono mai visto esclusivamente come universitario o come atleta. La mente ha bisogno di cultura e numeri, il corpo di adrenalina e competizione. Perché rinunciare a qualcosa?».
Sembra un paradosso, ma la laurea in ingegneria manageriale presa a pieni voti all’università del West Virgina preoccupa molto i dirigenti federali che campano di medaglie olimpiche. Perché appunto lasci aperte altre strade, altre possibilità di vita. «Esattamente quel che voglio» dice il campione olimpico di carabina 10 metri che a Rio ha due altre medaglie nel mirino. «Ho lottato per tutta la vita contro quella specie di dogma per cui non si può essere un bravo studente e al tempo stesso uno sportivo decente. Nel 2006 mi diplomai con 100/100 e divenni vicempione del mondo juniores. Si poteva fare, e ce l’ho fatta».
La leggenda del dilettantismo a ogni costo è tramontata da molti anni. Ma il villaggio olimpico è ancora l’unico luogo dello sport contemporaneo dove si può incontrare chi ci sta pensando per tempo. Niccolò e la sua fidanzata Petra Zublasing, che con lui condivide titolo di studio e passione sportiva per le armi, sono in buona compagnia. A cominciare dai coinquilini del palazzo che ospita l’Italia, dove una buona metà della squadra di canottaggio può vantare una formazione universitaria, 6 lauree triennali e 7 studenti equamente distribuiti tra vogatrici donne e uomini. Ci sono anche gli atleti che lavorano, e forse il loro esempio e le loro storie sono ancora più esemplari, come quella della ginnasta armena Houry Gebeshian, infermiera in un ospedale di Cleveland, fino al caso estremo del canoista Kazuki Yazawa, che di mestiere fa il monaco buddista.
Ma volendo stilare delle classifiche, siamo pure sempre nel regno dello sport, il secchione del villaggio olimpico è Cameron McEvoy. L’atleta australiano capace di nuotare i 100 metri stile libero in 47’’ e serio candidato alla medaglia anche nei 50 e 200 metri, è soprannominato «Il professore». Con qualche buona ragione. Nella vita di tutti i giorni è un fisico teorico. Dalle onde della piscina a quelle gravitazionali, il passo non è breve. E neppure facile.
Ogni benedetto giorno degli ultimi 4 anni lo schermitore americano Gerek Meinhardt si è svegliato alle 5 del mattino per allenarsi prima di andare in ufficio. Lavora come consulente tecnologico alla Deloitte & Touche di San Francisco, uno dei quattro più grandi studi legali che si occupano di fusioni aziendali, impiego che è frutto di una laurea in economia con master aziendale ottenuta alla facoltà di Notre Dame. «Tiro di scherma da quando ho 9 anni» raccontava nei giorni scorsi. «Ma ho sempre saputo che non sarà per sempre». La sua connazionale Maya DiRado è stata assunta dalla Mc Kinsey&Co ancora prima di laurearsi a Stanford, una delle università più prestigiose del mondo, che a Pechino 2008 qualificò 49 suoi studenti tra quelli in corso e i laureati, portando a casa 25 medaglie, due in meno dell’Italia. Ma Rio sarà la prima e ultima Olimpiade di Maya. A settembre comincerà la sua carriera da analista finanziaria. Mc Kinsey non aspetta oltre. Sport e studio si può, ma è meglio non tirare troppo la corda.