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 2016  agosto 10 Mercoledì calendario

Una mappa del XVII secolo riapre i giochi nel Mar della Cina

Quando il gesuita Matteo Ricci presentò ai dignitari imperiali di Nanchino la prima versione della sua Mappa dei Diecimila Paesi del Mondo le reazioni furono duplici: ammirazione, per le capacità tecniche che univano nozioni di cartografia occidentale e orientale, e stupore imbarazzato. La Cina era nella posizione sbagliata. Nella parte destra del planisfero, mentre l’Europa era al centro. Non sapeva il dotto missionario che la Cina era il centro del mondo? Lo diceva esplicitamente uno dei suoi nomi, Regno di Mezzo. Ricci oltre che un religioso e uno scienziato era un diplomatico accorto; nell’edizione definitiva del suo mappamondo il Celeste Impero guadagna la posizione centrale.
La Carta Geografica di tutti i Regni del Mondo di Ricci (il titolo con cui è conosciuta in italiano) è del 1602. La dinastia Ming è in declino. Ma la Cina ferve di attività commerciali. In gran parte basate sul contrabbando. Pochi anni dopo la presentazione del mappamondo dell’eclettico missionario di Macerata, una mano anonima (anche se quasi certamente cinese) traccia i contorni di un’altra mappa. A sorpresa, neppure stavolta la Cina è al centro dell’inquadratura. Il focus è sul mare. È il Mar Cinese Meridionale, dove s’incrociano le linee di rotte che toccano l’Indonesia e le Filippine, le coste della Cina e del Giappone, i porti della Malesia e dell’Indocina. Le linee si spingono sui margini, nell’Oceano Indiano a occidente, oltre le isole delle Spezie ad Est.
Ieri e oggi
Oggi il Mar Cinese Meridionale è al centro di rivendicazioni di sovranità. Il 12 luglio scorso, la Corte Permanente di Arbitrato dell’Aia ha rigettato le pretese cinesi in favore delle Filippine. E a Pechino, qualcuno si è ricordato dell’antica mappa per dare un fondamento storico alle rivendicazioni della Repubblica Popolare. Ma quella che oggi conosciamo come Selden Map, non ha mai avuto una natura politica. Simile nello scopo ai celebri portolani dei cartografi catalani, ha caratteristiche pratiche. Non è destinata alla corte dell’Imperatore, come quella di Ricci, ma a un mercante o al capitano di una nave da carico come ipotizza Timothy Brook nel suo libro La mappa della Cina del signor Selden, lingue inattese di terra e di mare, uscito di recente da Einaudi. E forse il mercante è anche un pirata. Come capitava spesso nei mari della Cina, a quei tempi. L’avventuriero in questione si chiama Li Dan, cresciuto nel porto di Quanzhou, e finito, tra commerci e abbordaggi, a gestire l’emporio cinese di Hirado, in Giappone. Ritroviamo il mercante corsaro anche nelle pagine di un altro libro dedicato agli enigmi della mappa cinese: The Selden Map and the Making of a Global City, 1549-1689 di Robert Batchelor (La Selden Map e la nascita di una città globale, The University of Chicago Press). Di sicuro, Li Dan si muoveva agile sulle rotte segnate sulla mappa, da Taiwan a Manila. Batchelor, storico dei rapporti tra Asia e Gran Bretagna, crede che la mappa stessa sia stata costruita intorno a queste rotte commerciali.
A Batchelor va il merito della riscoperta della mappa, dimenticata per più di un secolo in una scatola alla Bodleian Library di Oxford. Sotto la polvere, c’era un mondo.
In Inghilterra
Deve il suo nome a John Selden, un deputato e avvocato inglese noto per essere uno dei padri del diritto del mare, che nel suo testamento del 1653 la annovera tra le sue proprietà. Non si sa come ne venne in possesso; di sicuro, la lascia in eredità alla biblioteca universitaria. Nel libro di Brook, diventa il fondale sul quale si muove una folla variegata di personaggi, dal capitano della Compagnia delle Indie Orientali John Saris, protagonista di uno scandalo per l’importazione di illustrazioni erotiche dal Giappone, al re Giacomo II d’Inghilterra. Uno dei più singolari è proprio Selden, finito alla torre di Londra per la sua difesa dell’Habeas Corpus, riesce ad uscirne grazie al trattato Mare Clausum che contesta il principio del Mare Liberum dell’olandese Grozio. L’idea di estendere la sovranità al mare solleticava gli Stuart: le navi inglesi e olandesi si sfidavano per i diritti di pesca nel Mare del Nord, ma soprattutto per i commerci sulle rotte oceaniche.

Il grande gioco sul mare

La mappa di Selden rispecchia il grande gioco degli imperi marittimi europei. Al tempo le carte geografiche erano strumenti di intelligence. Batchelor la usa per raccontare l’ascesa di Londra a metropoli mondiale, legata più ai mercati internazionali che al continente europeo, come è ancora oggi. Il portolano secentesco, ancora più del mappamondo di Ricci, è già un prodotto globale: vicino agli ideogrammi si leggono annotazioni in latino; le proiezioni sono un mix di scienza cartografica cinese e occidentale; c’è un’insolita rosa dei venti; il tipo di carta, dipinta a mano, è giapponese, della qualità mitsumata, usata anche da Rembrandt per le sue stampe.
Dal 2008, quando Batchelor gli tolse via la polvere della biblioteca, la Selden Map è tornata alla ribalta. Prima il restauro, poi i libri e le conferenze. L’anno scorso è diventata un gioco da tavolo, in cui si duella per il controllo dei 60 porti elencati nella mappa. Con le recenti manovre navali di Cina, Giappone e Filippine e i pirati che continuano a incrociare nel mar di Sulu, il mondo della Selden Map appare attuale come al tempo degli imperatori Ming.