Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  agosto 10 Mercoledì calendario

Gasdotti e sinergie militari: i legami Putin-Erdogan

Dalla cooperazione nell’industria di difesa, ai progetti energetici, dal turismo alla sinergia commerciale. La nuova fase dei rapporti fra Russia e Turchia per il momento si traduce in un vasto programma, che ha ancora un importante nodo da scogliere: la Siria. Il Capo del Cremlino, Vladimir Putin, ieri lo ha detto chiaramente: su Damasco le vedute fra Mosca e Ankara sono diverse, ma vi è la volontà comune di raggiungere una soluzione pacifica. Trovare la quadra, però, non sarà facile. Per questo ieri, dopo la conferenza stampa, i due Capi di Stato e i rispettivi ministri degli Esteri e capi dell’intelligence si sono riuniti per discutere del tema in separata sede. In attesa di trovare la quadra dal punto di vista geopolitico, quello bilaterale sembra già essere stato messo in carreggiata.
Il presidente Putin, dei due, è stato sicuramente il più prudente, ma una cosa ha voluto sottolinearla subito. I lavori per la nuova centrale nucleare di Akkuyu, sul Mar Mediterraneo e in provincia di Mersin, interrotti dopo l’abbattimento del Sukhoi Su-24, riprenderanno presto. Il che, in cifre, significa un giro di affari per circa 20 miliardi di dollari. Nuova epoca anche per le collaborazioni nel settore dell’industria di difesa, di cui ha parlato il presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan. Sono allo studio nuove forme di cooperazione e sinergia, che la Turchia, secondo esercito della Nato, sembra essere determinata a portare avanti con grande convinzione.
Il presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan, ha parlato di «colloqui a largo spettro» con l’omologo russo Putin, spiegando che «entrambe le parti sono determinate a riportare i livelli di interscambio a quelli prima della crisi diplomatica», possibilmente anche a migliorarli. «Prima della crisi – ha detto Erdogan – avevamo un interscambio economico da 35 miliardi di dollari all’anno. Adesso è sceso a 27. Il nostro obiettivo è portarlo fino a 100». Per raggiungere questo risultato, la Turchia ha bisogno che la Russia faccia riprendere il flusso turistico, che consta di circa 3 milioni di visitatori all’anno, ma soprattutto le importazioni di merci e cibi della Mezzaluna, che fanno sentire ai gelidi territori oltre il Mar Nero la mancanza di quelle europee, vittime delle sanzioni e che nei soli primi sei mesi del 2016 hanno fatto registrare una flessione del 41% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il presidente Putin ha assicurato che lo scambio commerciale riprenderà «per gradi» entro la fine dell’anno.
Uno degli argomenti principe dell’incontro fra i capi di Stato è la ripresa dei lavori per il Turkish Stream. Sia Putin sia Erdogan hanno fatto capire che la pipeline ha un ruolo importante nell’agenda dei due Paesi. Il numero uno di Ankara ha assicurato che i lavori riprenderanno al più presto. Putin ha aggiunto: «Sin dall’inizio abbiamo considerato il Turkish Stream non un’alternativa al South Stream, ma un’opportunità per espandere la nostra cooperazione nell’area del gas da fornire all’Europa e alla Turchia».
Ankara e Mosca ancora divise sulla Siria, ma unite da importanti dichiarazioni di intenti e letteralmente cucite da una pipeline dove, però, l’ultima parola spetta all’Europa.