la Repubblica, 9 agosto 2016
«Arrivare a questo argento è stato feroce, scortica, toglie la pelle». Confessioni di Tania Cagnotto
Alle sei di mattina Tania era già sveglia. L’oggetto del desiderio era lì accanto. Non lui, il fidanzato Stefano, che a settembre sposerà. Ma lei, la medaglia olimpica, inseguita da quasi vent’anni. E che si aggiunge alle quattro (nessuna d’oro) di suo papà, Giorgio Cagnotto.
Tania, dove ha messo l’argento?
«Prima sotto il cuscino. Poi per non fare la bambina nel cassetto del comodino. Ho dormito con Stefano, sono andata a letto a mezzanotte, ma non ho chiuso occhio fino alla tre e mezza. L’altra sera abbiamo festeggiato a tavola e finalmente ho mangiato, forse troppo, visto che ho un’altra gara. Così oggi sono venuta qui in spiaggia a Barra con gli amici».
La prima notte di quiete.
«No per niente. Troppo adrenalina. Troppa pressione. La tua vita che ti scorre davanti come un film, le persone con cui hai condiviso, rispondere ai tanti messaggi, ero stravolta. Anche perchè prima della finale ero andata tre volte in bagno a piangere da sola. Io mi scarico così, anche se non sembra».
Inseguire un sogno fa piangere?
«Ero carica di responsabilità. Non mi sarei mai perdonata uno sbaglio, essere io quella che fa perdere la medaglia del sincro alla mia compagna, Francesca Dallapè, che ha solo una gara, mentre io ho anche il singolo».
Cosa vi siete dette?
«Francesca mi ha ringraziato, mi ha confessato che quando ha iniziato a tuffarsi non avrebbe mai pensato di arrivare a vincere una medaglia olimpica. Ormai per l’Italia siamo una coppia di fatto: Cagnotto- Dallapè. Peccato divorziare, ma a settembre, al mio matrimonio, Francesca sarà mia testimone. Non ci perderemo».
Notte di pensieri?
«Sì. Perché lo sport toglie e dà, a me ha ridato. E aggiungo: così è anche bello dimenticare Londra 2012, dove fummo beffate all’ultimo per un soffio. Anzi con la medaglia accanto ho capito una cosa».
Che per vincere bisogna perdere.
«Sì bisogna passare da lì, da quella terribile delusione. Stare a terra, rialzarsi, riprovarci. Stanotte ho pensato che tutto era nel destino, che se ne va per strade assurde. Noi quattro anni fa siamo state derubate del bronzo dal Canada e stavolta è toccato a loro. Come se si fosse chiuso un cerchio. So come ci si sente male, non lo auguro a nessuno. Passare da certe esperienze mi ha cambiata».
Finalmente i conti tornano.
«Vorrei dire di sì. Sono stata ripagata, la corsa ad inseguimento è finita, anche se ho un’altra gara dal trampolino. Felice? Sì. Non avessi vinto non sarei qui, ma a maledire un’altra stagione olimpica di delusione. Però arrivare a questo argento è stato feroce, scortica, toglie la pelle. So che rimpiangerò lo sport, ma sono a pezzi. Stanca di soffrire. Smetto per questo, perché è un fuoco che riscalda, ma che consuma anche. Non solo te, ma anche quelli che ti stanno attorno».
Papà e mamma, che ne capiscono, sono contenti?
«Tanto. Mamma era sicura, non ha mai dubitato, dice, ma io non le credo. Giorgio è al settimo cielo. E a me piace l’idea del riscatto: abbiamo preso sberle, ma le abbiamo anche ridate. Ecco ora sto a posto. Guardo la medaglia e le dico: stai buona qui, la tua fuga è finita. E anche la mia».