17 aprile 2016
Il referendum sulle trivelle
Gli italiani sono chiamati a votare un referendum abrogativo che, per la prima volta, non è stato richiesto attraverso una raccolta di firme da parte dei cittadini ma voluto dalle Regioni col sostegno di alcune associazioni ambientaliste. Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto hanno ottenuto dallo Stato Italiano di porre agli elettori il seguente quesito: «Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale", come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)", limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale"?». In altre parole: volete che quando scadranno le concessioni per l’estrazione di idrocarburi nelle acque italiane entro le 12 miglia (19 chilometri) dalle coste, l’estrazione venga fermata anche se nei giacimenti ci sono ancora idrocarburi? Il referendum, insomma, ha l’obiettivo di vietare il rinnovo delle 9 concessioni alle trivelle (con 32 piattaforme) in azione entro le 12 miglia dalla costa. Il quorum non viene raggiunto. Vota solo il 31,19% degli elettori (15 milioni e 806.788 cittadini si sono recati alle urne su un totale di 50.675.406 aventi diritto). Inutile quindi la netta vittoria di sì tra chi è andato a esprimere il proprio voto (13.334.764, pari all’85,84 per cento): l’attività di estrazione di petrolio e gas entro le 12 miglia dalla costa potrà continuare fino all’esaurimento del giacimento, per le concessioni già attive.