la Repubblica, 9 agosto 2016
Il nuovo bosone cugino di Higgs non esiste. Grande delusione al Cern
La particella fantasma che per sei mesi ha fatto sognare i fisici del Cern di Ginevra si è dissolta sotto il sole di agosto: niente da fare, quell’anomalia nei dati raccolti l’anno scorso dal Large hadron collider, l’acceleratore da 27 chilometri di circonferenza che corre nel sottosuolo al confine tra Francia e Svizzera, non era un nuovo mattone del mondo subatomico ma solo una “fluttuazione statistica”.
A fine 2015 due dei quattro rivelatori montati lungo l’anello di Lhc, Atlas e Cms, avevano registrato un eccesso di coppie di fotoni, come se dallo scontro tra i fasci di protoni sparati uno contro l’altro a velocità prossime a quelle della luce fosse emersa una nuova particella. Dal risultato del suo presunto decadimento, due fotoni appunto, i fisici era riusciti a ipotizzarne anche la massa (espressa in termini di energia): 750 GeV. La significatività statistica (che i fisici esprimono con la lettera greca sigma) era però bassa: inferiore a 4, mentre per una scoperta si richiedono almeno 5 sigma. A sorprendere i fisici del Cern, però, era stato il fatto che l’evento anomalo si fosse presentato simultaneamente in entrambi i rivelatori. Lo aveva spiegato bene a inizio estate Tiziano Camporesi, coordinatore dell’esperimento Cms: «È come se noi e i colleghi di Atlas avessimo lanciato una monetina sette volte e a entrambi fosse venuto sempre testa. È lecito il sospetto che ci sia qualcosa di anomalo, ma per averne la certezza dobbiamo lanciare la monetina ancora decine di volte: se uscirà sempre testa potremo parlare di scoperta».
Per settimane al Cern hanno continuato a lanciare monete, o meglio protoni, e ad analizzare il risultato delle loro collisioni (un miliardo di scontri al secondo). Ma testa e croce hanno finito per distribuirsi in un equo 50% e 50%. «Abbiamo elaborato una mole di dati quattro volte superiore a quella del 2015, ma lì dove avevamo visto la particella da 750 GeV non c’era più nulla» ammette Chiara Rovelli, ricercatrice dell’Istituto nazionale di fisica nucleare che ha partecipato allo studio delle informazioni raccolte da Cms. È toccato a lei dare la “cattiva” notizia ai colleghi raccolti in questi giorni a Chicago per la Conferenza internazionale della fisica delle alte energie (Ichep). «La “coincidenza” di una particella vista simultaneamente sia da Atlas che da Cms aveva creato grandi speranze. È normale che ora ci sia un po’ di delusione».
I più delusi sono i fisici teorici. Da dicembre a oggi le menti più brillanti si erano cimentate nel tracciare un identikit della particella fantasma, producendo più di 500 pubblicazioni scientifiche: un nuovo bosone cugino di Higgs? Un gravitone? Non prevista da alcun modello teorico esistente, la 750 GeV, se confermata, avrebbe costretto a rivedere la nostra idea di Universo e a riscrivere i libri di fisica. «Sarebbe stato un risultato fantastico» dice Gian Francesco Giudice, direttore del Dipartimento di fisica teorica del Cern. «Ma la ricerca è un ottovolante fatto di emozioni e delusioni. E purtroppo, con i nuovi dati raccolti, la vicenda del 750 GeV può dirsi chiusa definitivamente». I colleghi di Giudice l’hanno presa con lo humour che spesso caratterizza la comunità accademica: venerdì scorso hanno celebrato a Ginevra una sorta di funerale alla particella fantasma con tanto di brindisi finale. Un funerale anche per le teorie alternative a quella che finora ha dimostrato di funzionare meglio? «Il Modello standard ha vinto ancora una volta» ammette Giudice. «D’altra parte è una costruzione concettuale favolosa, capace di spiegare quasi tutti i fenomeni del cosmo con una equazione di due righe. Ma non spiega tutto e noi torneremo a metterlo alla prova. Anche perché nei prossimi anni Lhc raccoglierà 230 volte più dati di quelli acquisiti finora».