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 2016  agosto 09 Martedì calendario

Il giornalista del Corriere Cremonesi ha passato tre notti sul fronte di Sirte con i combattenti anti-Isis

Non bastano i visori notturni, non i potenti riflettori legati alle batterie delle auto, pronti ad accendersi al minimo allarme. E neppure la rete di sentinelle turnate ogni quattro ore, o il gracchiare dei walkie talkie, che, mischiato al brusio ininterrotto di centinaia di generatori, va a creare una sinfonia rassicurante di rumori e suoni amici diffusa per le periferie, i giardini, gli orti, i muri di cinta e quindi le sagome nere dei palazzi.
La cruda verità resta che la notte in una zona di guerra solleva paure ancestrali. E non sono sufficienti i ritrovati della modernità. Ogni ombra può nascondere una pattuglia nemica, qualsiasi fruscio potrebbe indicare che qualcuno sta posando una mina, innescando l’ennesima bomba-trappola.
«È proprio di notte che Isis depone sul terreno le sue cariche esplosive artigianali. Le abbiamo scoperte nei punti più critici, ma anche in quelli più impensati. Per esempio sulla spiaggia di Sirte oppure vicino agli alberi da frutta. Variano per forma e potenza. Da poche decine di grammi di dinamite appena sufficienti a maciullare le gambe di un uomo, a oltre cinquanta chili in grado di distruggere un carro armato, sventrare qualsiasi blindato», dicono la ventina di esperti della «Libyan mine action», l’organizzazione che fa capo al governo di Tripoli, incontrati all’alba sulla strada che conduce allo Ibn Sina, l’ospedale regionale, che resta tutt’ora nelle mani di Isis.
Abbiamo trascorso tre notti con le brigate di Misurata e Tripoli impegnate sul fronte di Sirte. E ogni sera, con l’arrivo del buio, è ricomparso quel sottile sentimento di ignoto, l’apprensione di fronte alle forme degli edifici vicini e lontani che via via svaniscono, l’impressione che il viottolo dove eravamo passati avanti e indietro per tutta la giornata sino a poco prima in totale sicurezza potesse tornare da un momento all’altro terreno di battaglia.
Ad essere più timorosi sono i miliziani che tornano al fronte dopo un’assenza: la licenza, una corvée nelle retrovie, uno spostamento di quartiere. Più tranquilli invece quelli presenti da settimane nello stesso settore. Una volta decisi i turni di guardia, preparano la cena nelle cucine lussuose tra le belle ville dove sono acquartierati. Impera allora un’atmosfera rilassata, tra scherzi e battute, quasi fosse una vacanza tra amici. I mitra sono dimenticati vicino ai materassi. C’è chi si sdraia sui tappeti a guardare la televisione, spesso vecchi film egiziani e programmi dei Paesi del Golfo. Altri giocano a carte, a scacchi. A gruppi si piazzano a gambe incrociate sulle stuoie nei giardini per lo «Gashta», gioco in cui due squadre si fronteggiano per individuare chi tra gli avversari tiene nel pugno un bottone. Chi sbaglia viene punito con frustate sulle mani. La sfida è anche non mostrare il dolore: fa parte del codice di valori guerrieri e sprezzo del pericolo di cui sono pervasi i libici figli della rivoluzione del 2011. A dormire si va tardi, non prima delle tre. Non ci saranno azioni prima di mezzogiorno. Ancora tre notti fa tanti scrutavano il cielo per individuare i raid americani. Ma ormai hanno capito: non vedranno nulla. I raid sono rari. Gli aerei americani (o i loro droni) sparano da alta quota. Ogni tanto si ode lo scoppio di un missile, si scorge il barlume rosso di un’esplosione. Però non è chiaro se sia una bomba di mortaio, una mina, oppure un tiro made in Usa. Più in allerta le pattuglie avanzate. Queste dispongono dei visori notturni, l’articolo più ambito dalle brigate (pare che americani, inglesi e forse italiani ne stiano inviando di nuovi). Le loro posizioni sono solo un paio di chilometri dalla base dove stanno i compagni.
Ma è un mondo assolutamente a parte. Dietro dormono. Davanti potrebbero essere decapitati da Isis da un momento all’altro. Il nemico sta a 15-20 metri. Loro sono attentissimi a non fare alcun rumore. Evitano i movimenti bruschi, tengono i mitra pronti con il colpo in canna. Ogni notte potrebbe essere la loro ultima notte.