la Repubblica, 9 agosto 2016
Si litiga sulla data del referendum
Il timing per il referendum è partito ufficialmente ieri, con l’annunciato riconoscimento da parte della Corte di Cassazione della validità delle quasi 560 mila firme raccolte dal comitato “Basta un Sì”. Palazzo Chigi vuole prendersi tutto il tempo necessario per fissare la data, facendola scivolare in una domenica compresa tra il 13 o più probabilmente il 20-27 novembre. Non se ne parlerà nel Consiglio dei ministri di domani e nemmeno alla ripresa di fine agosto. La strategia, spiegavano fonti accreditate del governo, anche dopo l’ok della Corte non cambia.
Il presidente del Consiglio ostenta ottimismo: «I segnali sono davvero buoni», i comitati per il Sì «sono già tremila», sono stati raccolti poco meno di 100 mila euro solo con le donazioni. Ma c’è una variabile, in parte prevedibile, con la quale il quartier generale renziano sta facendo i conti. Ovvero la campagna che tutte le opposizioni in coro e l’intero fronte del No hanno imbastito in queste ore per martellare sulla richiesta della data. E che, raccontano da Fi fino al M5S, non si fermerà nemmeno nella pausa di Ferragosto per stringere d’assedio l’esecutivo e costringerlo ad anticipare i tempi, quanto meno ad ottobre. Che l’operazione vada in porto poi è tutt’altro che scontato. Resta il fatto che per fissare la consultazione nella seconda metà di novembre il Consiglio dei ministri decisivo dovrà tenersi intorno al 15 settembre. Ce la farà il governo a reggere la pressione per un mese?
«Adesso la parola ai cittadini» twitta il ministro Maria Elena Boschi. Renzi, anche nella e-news pubblicata ieri, mostra di voler tenere il punto, non affronta il nodo sui tempi e respinge qualsiasi richiesta di revisione della legge elettorale avanzata ancora in queste ultime ore dalla sinistra dem. Guai a «confondere» i due temi. «Io starò al merito», taglia corto all’indirizzo del suo stesso partito: «Il quesito non riguarda la legge elettorale o i poteri del governo, argomenti che non sono minimamente toccati dalla legge costituzionale», precisa. Nega di nuovo qualsiasi personalizzazione. «In tanti mi hanno detto: Matteo, questa non è la tua sfida. Vero, questa è la sfida di milioni di persone che vogliono ridurre gli sprechi della politica, rendere più semplici le istituzioni, evitare enti inutili».
Ma si voti prima possibile, è il coro. Luigi Di Maio chiama a raccolta i grillini. «Possiamo battere i Sì ma non ci riusciremo solo attraverso i media e la Rai “renzizzata”, dovremo batterli lavorando sul territorio». Si voti «il prima possibile» chiede il leghista Calderoli, «fissi la data senza trucchetti», dice Gasparri, «non si usino la legge di stabilità o altri alibi per posporre il voto» insiste Deborah Bergamini. Oltre che col loro pressing Renzi deve fare i conti con il fronte riforma elettorale aperto dalla sinistra dem. Dopo le richieste di Roberto Speranza tocca a Nico Stumpo annunciare il No al referendum «se non ci saranno modifiche all’Italicum». E Davide Zoggia: «In queste condizioni non ci sono alternative a votare No». Ma nessuna trattativa Renzi intende aprire per adesso sull’Italicum.