Corriere della Sera, 9 agosto 2016
Trump si fa serio e parla di economia: meno tasse, niente tagli a pensioni e sanità, revisione degli accordi commerciali internazionali
Meno tasse per tutti, cittadini e imprese. Niente tagli al «welfare» (pensioni e sanità per gli anziani). Stop alle politiche ambientaliste e di risparmio energetico che frenano la crescita economica, rilancio dell’industria manifatturiera rivedendo e, se del caso, cancellando gli accordi commerciali internazionali che penalizzano gli Stati Uniti. Resa dei conti con la Cina «sempre fuorilegge, dalla manipolazione della sua valuta ai sussidi, alla proprietà intellettuale trafugata». Dopo dieci giorni da incubo – polemiche ed errori di comunicazione che gli hanno fatto perdere terreno su Hillary Clinton – Donald Trump ha promesso «la più grande rivoluzione fiscale da Ronald Reagan». Alla fine accettato di seguire le indicazioni del partito e dei suoi stessi consiglieri tornando a concentrarsi sul programma economico: il terreno sul quale la sfida ai democratici ha più possibilità di avere successo. All’Economic Club di Detroit abbiamo visto un Trump diverso: misurato, intento a leggere passo passo il suo discorso sul «teleprompter» senza le solite divagazioni. Paziente e misurato anche davanti alle continue interruzioni dei soliti contestatori. Tredici donne e un uomo si sono alzati per inveire in media ogni 4 minuti durante un discorso di circa un’ora. Ogni volta «The Donald» si è fermato ed è rimasto in silenzio finché il contestatore è stato portato via. Poi ha ringraziato chi lo applaudiva e ha ripreso il suo discorso. Solo una volta ha notato che la contestazione pareva frutto di una regia ben pianificata.
Paziente, nervi saldi, niente invettive rabbiose, Trump stavolta ha vinto, in termini d’immagine, la sfida coi contestatori. Quanto al contenuto politico del suo messaggio, va detto che il candidato si è sforzato di avvicinarsi alle posizioni del suo partito soprattutto sulle tasse (ma non sul «free trade»). Ha, però, presentato una ricetta per il sistema produttivo che sa di vecchio: ha promesso di rimettere al lavoro gli operai siderurgici e i minatori delle miniere di carbone, mentre non ha mai fatto alcun riferimento non solo alla Silicon Valley, ma nemmeno all’intera economia digitale: quella dell’«information technology» che negli ultimi decenni ha rivoluzionato il modo di lavorare, di produrre, di consumare e di apprendere. A sentirlo sembra di tornare ai tempi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio del primo Dopoguerra: sostituita già negli anni Cinquanta dalla Cee (poi Unione europea).
Tasse Trump promette di ridurle sostanzialmente ma non nella misura drastica originariamente prevista dal suo piano. Le sette aliquote federali verranno ridotte a tre: 12, 25 e 33 per cento, esattamente come proposto dal parlamentari repubblicani al Congresso. Il taglio è netto (oggi l’aliquota massima federale è al 39 per cento), ma inferiore all’intenzione iniziale di Trump che voleva scendere ad aliquote del 10, 20 e 25 per cento. Il candidato conservatore promette, poi, di abbassare, portandola al 15 per cento, l’imposta sulle imprese che oggi, al 35 per cento federale (più il 6 per cento medio a livello locale), è tra le più alte del mondo. Azzeramento, infine, per la «death tax», l’imposta di successione, che, peraltro, già oggi esiste solo per i patrimoni più consistenti: qui Trump rischia di essere accusato di fare gli interessi dei suoi eredi.
Welfare e deficit pubblico Trump non segue Ryan e il suo partito che chiedono forti tagli per contenere il deficit, a cominciare dalla riforma della spesa sociale: pensioni e Medicare. Il candidato miliardario, invece, non ha alcuna intenzione di toccare i pensionati né il sistema sanitario pubblico garantito agli anziani: la «constituency» più importante sul piano elettorale. Quindi niente tagli per contenere il deficit che inevitabilmente crescerà con la diminuzione del prelievo fiscale. Sul deficit per ora Trump tace: probabilmente non considera il suo contenimento una priorità, oggi che il Tesoro si indebita gratis. I suoi economisti dicono che il taglio delle aliquote farà crescere il Pil in misura tale da compensare il calo del gettito (cosa tutta da verificare, una previsione quantomeno azzardata).
Ambiente, energia e regole I vincoli introdotti da Obama soprattutto nel settore automobilistico e nelle centrali elettriche per il risparmio energetico e per ridurre il «global warming», secondo Trump hanno solo l’effetto di distruggere posti di lavoro. Il candidato repubblicano, quindi, propone (in linea col suo partito) di ridare mano libera ai produttori di elettricità, alle miniere di carbone e all’industria automobilistica.
Libero scambio Sul «free trade» Trump rimane sulla linea populista contraria ai trattati commerciali che vuole tutti rinegoziare, dal Nafta al Tpp. Accordi che sono, invece, appoggiati dai repubblicani.