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 2016  agosto 07 Domenica calendario

Joe Ricotta, Marius Mele e il video che ha fatto diventare la Sicilia virale

Un anno fa Marius Mele (fotografo, videomaker e consulente di comunicazione aziendale) è stato contattato da Sicily International, una società inglese per realizzare un video; obiettivo: raccontare la Sicilia agli inglesi in 3 minuti. Il committente è Joe Ricotta, inglese di origini siciliane, descritto come un imprenditore di successo che, dopo aver operato nel mondo dei trasporti, ora si occupa di ristorazione e turismo, in entrambi i casi con un focus specifico sulla Sicilia. Il suo sito (http://www.sicily.co.uk) è per certi aspetti sorprendente perché attualmente non vende nulla, mentre offre ampie informazioni sulla Sicilia, come se si trattasse di un’agenzia regionale con la missione di promuovere il turismo.
Mele accetta l’incarico e si mette in viaggio: in 3 mesi percorre 15mila chilometri di strada, visita luoghi sconosciuti, dorme in tenda sull’Etna, raggiunge Ustica e Lampedusa. Nei 3 mesi successivi monta il video che viene poi pubblicato circa 5 mesi fa sul sito di Sicily International; inoltre posta a sua volta il video nel proprio portfolio su Vimeo (Cinephotographer), ottenendo oltre 260mila visualizzazioni.
Poi, il 3 agosto, l’eurodeputato Ignazio Corrao (Movimento 5 Stelle), romano di nascita e siciliano di adozione, posta il video di Mele su Facebook, con un commento in autentico stile grillino, ma con il quale è difficile dirsi in disaccordo, sulle opportunità perse nel turismo. In 3 giorni il video viene visualizzato da 1, 2 milioni di persone, ma soprattutto condiviso da 45mila, generando una reazione a catena destinata a proseguire. Le immagini di Marius, 30 anni, volano sul web, mostrando una Sicilia bellissima e sconosciuta. «Volevo fare qualcosa di straordinario, perché in questa società della distrazione è difficile avere un po’ di attenzione. Il video consente di comunicare qualcosa di straordinario. Guardo le reazioni dei bambini di pochi mesi a cui mostro le mie immagini, per capire se un video è buono. Solo colpendo le emozioni si attivano le azioni». Il video ormai è su tutti i media e la notizia della sua diffusione virale è ampiamente pubblicata.
È una storia strana di cui fanno parte un giovane videomaker, un imprenditore italo-britannico, un eurodeputato di un movimento di opposizione che insieme, senza necessariamente essersi parlati, riescono dove le agenzie ufficiali di promozione turistica non brillano. Forse il modello di promozione pubblica, in presenza di significative rigidità operative e in una situazione di scarsità di risorse, non rappresenta più la soluzione. Resta il fatto che la Sicilia conta meno di un decimo di presenze turistiche delle Baleari, a parità di chilometri di costa, ma con un patrimonio naturale e culturale smisuratamente più elevato. Inoltre, la promozione non è neppure il problema più grave, anche se permane il tema dell’impiego efficace delle risorse, soprattutto sui mercati internazionali, dove la frammentazione delle iniziative paga. Il problema principale, su cui tutti sembrano essere ampiamente d’accordo, è l’assenza di una country strategy in questo settore, come in molti altri del resto. Se la strategia consiste nell’individuazione degli obiettivi generali e delle modalità per conseguirli, è lecito chiedersi quali siano gli obiettivi dell’Italia nell’industria turistica e i modi per raggiungerli, considerando che si tratta di uno dei settori in cui il Paese possiede un naturale vantaggio competitivo.
La realtà è che non esistono obiettivi di politica industriale in questo settore e che il Governo non ha un’agenda chiara di azioni precise per perseguirli; inoltre, purtroppo, non è un problema del Governo Renzi (che comunque da un po’ di tempo si sta cimentando alla redazione di un documento di questo tipo), ma di tutti gli ultimi governi, sia perché l’ordinamento normativo non offre le condizioni per fare quel gioco di squadra che è indispensabile per competere a livello globale, sia perché il settore non è -nei fatti- considerato prioritario. Infatti, in presenza di una volontà politica forte, sarebbe possibile superare i vincoli che ancora impediscono di cogliere le opportunità del settore. In presenza di una situazione economica ancora molto delicata, un piano strategico non può limitarsi a un esercizio di wishful thinking o alla definizione di buone pratiche, ma richiede l’individuazione di indicatori di performance precisi e la definizione di cose pratiche da fare, con tempi di esecuzione e risorse dedicate.
La domanda interna non è destinata a crescere significativamente, neppure se si realizzassero le più rosee previsioni di ripresa economica, per cui è chiaro che un contributo allo sviluppo e all’occupazione derivante dal turismo dipende esclusivamente dalla domanda internazionale. Qui l’Italia ha grandi opportunità, focalizzandosi sui segmenti di fascia alta e medio alta, cercando di aumentare la spesa giornaliera per ogni turista straniero. Per far questo però è necessario creare prodotti adeguati, migliorare le infrastrutture pubbliche e private, investire in risorse umane e abbracciare con decisione una strategia in grado di sfruttare il digitale.
È giunto il momento di non destinare più risorse a una promozione generica, sia perché l’Italia è top of mind nei desideri dei turisti internazionali che spesso rinunciano a visitarla perché la trovano “difficile”, sia perché un grillino, un videomaker e un imprenditore inglese sembrano più efficaci delle varie agenzie pubbliche. Le resistenze a un nuovo approccio sono normali, oltre che molto diffuse, ma la posta in gioco è molto alta e varrebbe la pena provarci, soprattutto pensando al Sud e ai giovani.
Bologna Business School, Università di Bologna