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 2016  agosto 07 Domenica calendario

Wikileaks, 10 anni dopo

Per dieci anni ci ha messi davanti a uno specchio e ci ha costretti a vedere chi siamo. «E c’era molto, che avremmo preferito ignorare», dice a Repubblica Slavoj Zizek, il filosofo. Parliamo di WikiLeaks, l’organizzazione che dal 2006 scova intrighi diplomatici, scandali di Stato, negoziati segreti, grandi fratelli e molto altro, per poi trasformarli in biblioteca digitale universale. Zizek: «Oggi WikiLeaks dopo aver cambiato le regole fa parte del gioco. Ha definito un nuovo spazio pubblico». Eccoti riflessa nello specchio, WikiLeaks, mentre i tuoi leak sul Partito democratico fanno discutere l’America, con Hillary Clinton che punta il dito sull’intelligence russa e tutte quelle mail pubblicate online, dati sensibili di cittadini inclusi, fanno dire persino a Edward Snowden che forse bisogna raddrizzare la rotta: «WikiLeaks», ha twittato il whistleblower, «ha dato un grande contributo alla democrazia dell’informazione» (e lo ha anche aiutato a rifugiarsi in Russia) «ma l’ostilità a moderare i contenuti è un errore». Il dibattito è aperto. WikiLeaks mostra qualche ruga? E il futuro?
Per il futuro ci vuole il passato. Ci guida ancora Zizek, che spesso si è seduto allo stesso tavolo di Julian Assange per dibattere tra “eretici”. «Ci sono tre ondate di rivelazioni», spiega: prima le guerre, con i documenti su Iraq e Afghanistan; poi i trattati di libero scambio e le multinazionali; infine la campagna elettorale. «La seconda ondata è mozzafiato: ha mostrato chi sono i nuovi attori – le corporation – e gli scenari in cui eravamo immersi a nostra insaputa. Le nostre interazioni, gli spazi di vita che credevamo neutri, non lo erano».
E WikiLeaks, oggi, è uno spazio neutro? L’ultima fase, con la pubblicazione delle mail in piena campagna elettorale Usa e le accuse di Clinton all’intelligence russa, stimola il dibattito anche tra i più fedeli sostenitori. Il fatto è che l’organizzazione che agisce in nome della trasparenza, protegge però la segretezza delle sue fonti e dei suoi donatori. «Temo che possa diventare suo malgrado strumento di altri interessi», dice FelynX Zingarelli, portavoce del Partito Pirata, attivo per le libertà digitali. Andrea Franzoso, whistleblower d’Italia, sa bene che è anche grazie a Wiki-Leaks se nello spazio pubblico verrà riconosciuto e protetto il ruolo delle “sentinelle” come lui. Ma «la partita della trasparenza funziona finché viene giocata nell’interesse generale. L’infor-mazione è una forma di potere: dobbiamo fare attenzione a chi e come la usa». Ecco perché il critico dei media Geert Lovink per il futuro si augura «un WikiLeaks sempre meno concentrato sulla figura di Assange e sempre più sulla collettività. Del resto quel sito ha il merito di aver liberato i documenti e anche la possibilità di interpretarli insieme, in crowdsourcing. Vorrei un futuro con tante WikiLeaks».
Un futuro con tante Wiki-Leaks? A guardare bene, lo intravedi già. Le piattaforme per trasferire in forma anonima verità scomode sono più d’una: c’è il software opensource Globa-Leaks, c’è l’italiano IrpiLeaks. Le associazioni come Transparency offrono portali alle potenziali “sentinelle”, in attesa che la legge le tuteli appieno. E poi, c’è il giornalismo dell’era WikiLeaks. L’organizzazione di Assange, per alcune rivelazioni, collabora con i media partner; in Italia, è
l’Espresso, con la giornalista Ste- fania Maurizi. Che racconta: «Assieme all’organizzazione di Assange facciamo un lavoro giornalistico scrupoloso, con un’analisi dell’autenticità dei documenti e una protezione delle fonti mai vista prima». E non finisce qui. Tre anni fa, mentre Assange e i suoi pubblicavano 1,64 gigabyte di cablo, lo Icij (“International Consortium of Investigative Journalism”) scandagliava 260 gigabyte di dati sui conti offshore: erano gli OffshoreLeaks. Il sistema non è nuovo, c’è una lunga tradizione di “Investigative Funds”, inchieste no profit. Ma sono nuovi la tecnologia, la dimensione e la potenza. Anno per anno, questa task force di giornalisti di sessantacinque paesi (in Italia Leo Sisti dell’Espresso) ha rivelato casi di corruzione ed evasione fiscale: LuxLeaks, SwissLeaks, Panama Papers. «Sa cosa ci permette la tecnologia oggi?», spiega la “geek” Mar Cabra, Data Editor di Icij, «uno staff di dodici persone riesce, con una piattaforma web collaborativa, a far lavorare i giornalisti di tutto il mondo. E loro, con un sistema di parole chiave, scandagliano materiale che altrimenti richiederebbe dieci anni di lettura».
Poi però ai lettori arriva la notizia. WikiLeaks invece pubblica i database e succede – come nel caso delle mail dell’Akp turco e dei democratici Usa – che online finiscano i dati sensibili. Scopriamo così che la signora Hilda G., pensionata, ha donato dieci dei suoi dollari ai dem; troviamo anche la sua mail, indirizzo e numero di telefono. Viva la democrazia dell’informazione, ma la privacy? Serve moderazione dei contenuti, curation, ha detto Snowden a WikiLeaks. Stessa osservazione fatta dalla sociologa turca Zeynep Tufekci. Un costo da pagare per il futuro della democrazia dell’informazione? «Sì, perché è la strada per una verità che è necessaria», dice Zizek. «Sì, senza dubbio», concorda l’intellettuale Evgeny Morozov. «Wiki-Leaks agisce in modo radicale e quindi attira le critiche. Ma tra Snowden e Assange, do ragione al secondo. Nessuna critica varrà mai quanto i benefici: l’organizzazione di Assange ha aperto una strada insostituibile per le nostre democrazie. Tutti gli attori, politici, aziende, devono renderci conto di ciò che fanno. Da quando c’è WikiLeaks non basta che dicano di agire nel nostro interesse: devono anche farlo».