la Repubblica, 7 agosto 2016
Ancora polemiche nel Pd per via del referendum
Dopo l’ultimatum a Renzi di Roberto Speranza, è la volta di Gianni Cuperlo: «Serve uno scatto nella fatica di non rompere il Paese. Lo si faccia adesso o la scelta nell’urna non potrà che opporsi a un modello nell’insieme gravemente sbagliato. Le ragioni politiche a favore del sì da sole non giustificano la combinazione attuale tra nuova Costituzione e una pessima legge elettorale».
Alla vigilia del responso della Cassazione, che domani darà il via libera al referendum costituzionale richiesto dal Pd con 550mila firme, la guerra tra le due anime dem si sposta dalla Rai alle riforme istituzionali. Giovedì dieci parlamentari dem, guidati da Walter Tocci, sono usciti allo scoperto con un manifesto per il no che intende «dar voce» a quadri ed elettori che non condividono la riforma Renzi-Boschi. Ieri su Repubblica Roberto Speranza ha spiegato di non poter votare sì senza una «iniziativa politica e parlamentare» del Pd per cambiare l’Italicum. La minoranza, a partire da Bersani, condivide la linea. «O il Parlamento cambia l’Italicum o lo cambieremo con i cittadini votando no al referendone», va alla carica il senatore Miguel Gotor seguito dai colleghi Federico Fornaro e Carlo Pegorer. «Renzi ha voluto la fiducia sull’Italicum, ora non scarichi le responsabilità sul Parlamento».
La replica del ministro Boschi arriva dalla festa dell’Unità di Bosco Albergati, nel modenese. «Qualcuno dice che se va male questa riforma in sei mesi ce n’è un’altra pronta. Chi lo dice ha alle spalle trent’anni di insuccessi che dimostrano come non sia vero che bastano sei mesi per fare un’altra riforma della Costituzione». Un messaggio diretto in primo luogo a Massimo D’Alema, il primo big a schierarsi per il no, che ha illustrato alcune proposte per una diversa riforma della Carta fondamentale. «Non voglio dire che se vince il no al referendum succede il diluvio universale. Ma è meglio una riforma perfettibile al niente. E non sarà facile avere le condizioni per ritrovarsi al punto in cui siamo oggi», ha spiegato Boschi ai militanti, lodando sindaci e consiglieri della rossa Emilia che «ci stanno dando una grande mano». «Non è una scelta che riguarda Renzi, me o il Pd. Non dobbiamo personalizzare. Ma chiedo a voi di personalizzare: di sentire questa sfida come una vostra battaglia per il cambiamento».
La linea del Nazareno è netta. I vicesegretari Guerini e Serracchiani, pur con sfumature diverse, difendono l’Italicum e non vedono l’urgenza di modifiche. «La minoranza pensa solo a un eterno congresso di partito», attacca il senatore renziano Andrea Marcucci. «Si comportano come una forza di opposizione», rincara il segretario della Toscana Dario Parrini. Il capogruppo alla Camera Ettore Rosato è tranchant: «Votare no solo per fare un dispetto a Renzi è un suicidio politico». Il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina sta cercando di costruire ponti con i dubbiosi di sinistra, ma avverte: «Bisognerebbe evitare di piegare qualsiasi ragionamento a dibattito para-congressuale».
Stefano Fassina, di Sinistra italiana, si infila nelle divisioni del Pd: «Quelle di Speranza e Cuperlo sono posizioni con cui siamo in profonda sintonia e con cui vogliamo dialogare nella campagna referendaria».
Il M5S si prepara intanto al tour referendario “coast to coast” a favore del No. In sella ad uno scooter, Alessandro Di Battista dal 7 agosto al 7 settembre girerà l’Italia: previsti 27 appuntamenti di piazza, per un totale di oltre 4mila chilometri, si legge sul blog di Grillo. Finale a Palermo il 24 e 25 settembre, con la kermesse «Italia 5 stelle».
Da domani il governo avrà 60 giorni di tempo per indire il referendum, che dovrà tenersi tra 50 e 70 giorni dal decreto di indizione. Le date più probabili restano il 13 o il 20 novembre, ma Roberto Calderoli della Lega incalza: «Grazie alla rapidità della Cassazione si può votare già il 2 ottobre».