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 2016  agosto 06 Sabato calendario

Il calcio di Stato: il piano di conquista di Xi

Il partito-Stato della seconda economia del mondo conquista la squadra- simbolo del capitalismo milanese, icona dell’ex premier di un’Italia ancora per un soffio nel G20. L’ultimo colpo di scena ha consegnato ieri il Milan direttamente nelle mani di Pechino, trasformando un normale affare in una questione istituzionale senza precedenti. A guidare il club italiano con il maggior numero di trofei internazionali, gestito per trent’anni dall’imprenditore politico che indicava la Cina come il primo nemico, non sarà un altro businessman, ma il solo autoritarismo di successo della storia, affermatosi grazie alla rivoluzione comunista di Mao. Il comunicato ufficiale Fininvest cita l’Haixia Capital di Bo Lu, società di investimenti con sede a Fuzhou specializzata in autostrade e ferrovie ad alta velocità. I nomi chiave sono però quelli del fondo sovrano di Stato per lo sviluppo e per gli investimenti e la Sino-Europe Sports Investment Management Changxing, delegata a rappresentare almeno altri tre gruppi industriali e finanziari privati. Dietro il sorprendente mistero, mantenuto anche nel giorno della firma, gli ambienti economici cinesi suggeriscono la presenza di colossi come l’immobiliare Evergrande di Guizhou, proprietaria del plurivincente club guidato in passato da Marcello Lippi, il motore di ricerca Baidu di Robin Li e il gigante dei distillati tradizionali Kweichow Moutai.
Pronto a partecipare all’operazione ci sarebbe anche Wang Jianlin, patron di Wanda, il miliardario più ricco della Cina, già azionista dell’Atletico Madrid e ideatore del progetto di una super Champions mondiale «made in China», allargata a 64 squadre e su invito. È la crema del capitalismo rosso (ad eccezione del fondatore di Alibaba Jack Ma) autorizzato a esportare capitali direttamente dal vertice del partito comunista, ossia dal presidente Xi Jinping. A Pechino gli stessi media di Stato sintetizzano che il «nuovo Mao» ha ordinato di conquistare il club dell’unico leader occidentale che, da presidente del consiglio, non ha mai effettuato una visita ufficiale in Cina. Lo strumento scelto, dopo mesi di trattative sorvegliate con discrezione, è il fondo sovrano, vale a dire la cassaforte del potere rosso.
Rispetto all’operazione Suning-Inter, è un’altra galassia. Nel caso nerazzurro, un imprenditore cinese con sede fiscale a Hong Kong ha scelto di investire in una società che, anche grazie allo sponsor Pirelli, in Asia è già popolare. I rossoneri invece, nonostante l’impegno finanziario dei miliardari più solventi del Paese, da ieri sono di fatto una creatura del partito- Stato, adottata per proiettare l’immagine della Cina nel cuore dell’Europa.
Un investimento, ma prima ancora una missione, ordinata dall’attuale imperatore della Città Proibita: conquistare pezzo per pezzo lo spettacolo che sequestra l’attenzione del pianeta, consegnarlo nelle mani di sponsor cinesi, trasformarlo nel grande show di una Cina occidentalizzata per assicurarsi infine gli eventi come Mondiali e Champions. Die- tro l’operazione, montagne di soldi associate alla scalata verso il potere, in questo caso globale e con Pechino nuovamente al centro del planisfero. Il privato? Pochissimo e di facciata. Anche la finanziaria Haixia è partecipata dallo Stato, il fondo sovrano ne è il portafoglio estero, mentre Sino-Europe Investment, rappresentata dal fiduciario presidenziale Yonghong Li, è il contenitore operativo autorizzato ad esportare i miliardi di yuan dei grandi finanziatori dell’ala vincente del partito, che la propaganda definisce «riformista». Uno schema collaudato: sostegno dagli oligarchi al leader, in cambio di agibilità imprenditoriale interna e non belligeranza nella «guerra alla corruzione» scatenata dallo stesso Xi. Il Milan, con i suoi vecchi successi e i giovani debiti, diventa un pezzo dello Stato cinese in Italia e nella Ue per spostare sempre più a Oriente il baricentro del pallone. Da Berlusconi, via principi rossi, a Xi Jinping: i cinesi, non solo a Milano, da ieri ingaggiano campioni.