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 2016  agosto 07 Domenica calendario

Mozart e quelle quattro folli lettere alla «leprotta cuginotta» che fecero infuriare il padre

Nove lettere in quattro anni non sono tante, ma si tratta di lettere del tutto imprevedibili, giocose, contorte, oscure, onomatopeiche, folli. Parole dispettose, infantili quelle che biascicava il ventiduenne Wolfgang Amadeus Mozart nelle poche lettere alla prima cugina Maria Anna Thekla, detta Marianna o più spesso la Bäsle. Un’esplosione di eccessi coprolalici. La destinataria era poco più giovane di lui, terza, ma la sola sopravvissuta, di cinque figlie di Franz Alois Mozart, fratello minore di Leopold, e di Maria Viktoria Eschenbach.
Leopold, il padre di Wolfgang, considerava pericolosa la vicinanza tra i due cugini: aveva condotto, e ancora conduceva, una battaglia disperata per la gloria del suo ragazzo prodigio e non voleva che tutto venisse compromesso dalla futile presenza di quella «coniglietta», incontrata per la prima volta ad Augusta nel 1763, quando i due erano bambini. Fatto sta che anni dopo, l’11 ottobre 1777 alle nove di sera, Wolfgang, come sempre teleguidato da suo padre, sarebbe arrivato, con mamma Anna Maria, nella stessa città, in disperata ricerca di contatti e di lavoro: lì avrebbero alloggiato nell’Albergo All’Agnello Bianco, sempre su consiglio di papà, abituato a occuparsi di ogni minuzia che riguardasse il figlio: fazzoletti, mutande, pidocchi... Sempre lì, ad Augusta, Wolfgang rivede Marianna, con la quale stabilisce una relazione spregiudicata, non si sa quanto intima, e il 17 mattina scrive a suo padre: «Assicuro che la nostra cuginetta è bella, assennata, divertente e in gamba (...) È vero, noi due andiamo proprio d’accordo, perché lei è anche un po’ maliziosa. Ci divertiamo a prendere per i fondelli la gente».
Papà Leopold passò la vita a consigliare al figlio circospezione e sospetto nei rapporti con gli altri, figurarsi con le donne: se non fosse stato per il suo talento musicale, l’avrebbe giudicato nient’altro che un bamboccio imprudente. E ben presto alzò il dito ammonitore pregando il figlio di curare la sua anima e utilizzando abilmente un serie di ricatti morali, oltre ad accusare Thekla di godere di una dubbia reputazione, e cioè di cercare la cattiva compagnia dei preti: è quanto racconta Florian Langegger in un libro sui rapporti tra padre e figlio. «Dopo Dio, vien subito il Papà», diceva Wolfgang da piccolo, ancora ignaro della pedagogia paterna, soffocante, oppressiva più che repressiva, tutta tesa a valorizzare il suo genio precoce per consegnarlo trionfalmente alla posterità. È ovvio che la «leprotta cuginotta», il «mio caro violoncellino», come la chiamava Amadé nelle poche lettere rimaste (pubblicate da SE e ben tradotte da Claudio Groff), era solo un elemento di disturbo di cui sarebbe stato bene sbarazzarsi. Invece, Mozart, giunto a Mannheim, alla corte del principe Karl Theodor, non la dimentica. E prende a scriverle senza lesinare con i superlativi assoluti: «Amatissima, carissima, bellissima, amabilissima, leggiadrissima...», mescolando le rime d’amor cortese alla cacca, agli orifizi, ai clisteri, alla fatica e al piacere di defecare, vera ossessione scatologica. Come in una lettera del 28 febbraio 1778: «Stronzo! – merda! – cacca! – o dolce parola! – cacca! – pappa! – anche bello! – cacca, pappa!».
Probabilmente qualcosa è accaduto, tra Amadé e Thekla, e forse qualcosa di non troppo innocente, se il ragazzo, poco dopo averla lasciata, le scrive, in francese: «Vi bacio le vostre mani, il vostro viso, le vostre ginocchia e la vostra –- insomma, tutto ciò che mi permetterete di baciare», cui si aggiungono esplicite allusioni al leccare e allo stringere che fanno pensare a un’intesa più che ludica (peccato che siano andate perse le risposte di lei). Non c’è traccia, nelle lettere alla cugina, del dramma cui Mozart va incontro con l’innamoramento per la sedicenne Aloysia Weber, ostacolato pesantemente da papà Leopold, come dimostra una celebre lettera grondante di vittimismo e di colpa. Mozart finirà per sposare Constanze, la sorella di Aloysia, figlia di un uomo tutto d’un pezzo, Fridolin Weber, onesto, cattolico osservate, che a Wolfgang ricordava suo papà Leopold. E intanto la Bäsle, nel 1784, aveva messo al mondo una figlia illegittima avuta da un canonico di Augusta.