Corriere della Sera, 7 agosto 2016
Ciriaco De Mita che mette in vendita l’attico di piazza di Spagna «dove è passata l’Italia» e fa prova di abilità in tv in un confronto col Pd: «È facile con questi qua, ripetono sempre le stesse cose»
Ciriaco De Mita vende la sua casa romana, più di 600 metri quadrati tra piazza di Spagna e piazza Barberini, ed è subito notizia.
Presidente, ne vogliamo parlare?
«Non ci penso proprio».
Scusi se insisto.
«Ma cosa dovrei dirle?».
In quella casa ne saranno successe di cose. Di cose politiche, dico. È stata descritta come una dépendance della Seconda Repubblica. Gramellini, citando Feltri, ricorda che dopo tanti anni di gloria non le è rimasto altro. Da lì sarà passata mezza Dc. Continuo?
«Da quella casa è passata l’Italia».
Appunto, mi aiuta a dire.
«Già, ma non è il caso di parlarne».
Perché?
«Perché ho l’impressione, tra l’altro, che un racconto del genere porterebbe anche sfiga».
Addirittura?
(De Mita lascia cadere. Ma a rendere più chiara l’allusione arriva in soccorso un libro-intervista di molti anni fa. La storia d’Italia non è finita, si intitola. Qui si parla anche di memoria. E rispolverare episodi o ricordi implicherebbe un tuffo nel passato, cosa che De Mita è sempre stato restio a fare. Ancora oggi, a 88 anni, è il presente la sua dimensione. Non a caso è sindaco di Nusco, nella sua Irpinia, dopo essere stato presidente del Consiglio, segretario della Dc e tutt’e due le cose insieme. «La memoria – disse in quel libro – può svolgere anche una funzione negativa. Accade quando sostituisce la vita come vita vissuta. In tal caso diviene l’alimento della malinconia o del pensiero che si risolve nella vuota astrazione contemplativa o, peggio, tende narcisisticamente a isolare la persona dalla comunità. E a escluderla dal mondo». Capito ora?).
Presidente, le ha dato fastidio leggere note e commenti sulla casa romana?
«Fastidio? Insomma, mi sono chiesto dove fosse la notizia».
Magari nell’alto valore dell’immobile.
«Allora io mi sarei posto una domanda conseguente. Perché vende? Probabilmente perché ne ha necessità?».
Ed è così?
«Le dico solo che se dovesse esserci questa necessità e se di conseguenza dovessi rinunciare a quella casa, vivrei il fatto come una menomazione. Dunque, sono io a insistere: dov’è la notizia? Vendere è forse un reato?».
Ma De Mita è sempre De Mita, e poi lei è anche riapparso in televisione, ospite di In onda, dove ha sorpreso tutti per il piglio. Ne sa qualcosa Alessia Morani, del Pd, che ha accettato il confronto.
«Ah, sì. Ma cosa vuole: nell’attuale inutilità della politica, quando “questi qua” parlano tutti allo stesso modo e ripetono sempre le stesse cose, la gente non può non cogliere la differenza».
«Questi qua» sono gli uomini e le donne di Renzi?
«Be’, è lui che ha puntato tutto sulla speranza. E se la speranza non incontra la realtà, è inevitabile che poi finisca per spegnersi».
Però, nel commentare il suo intervento in TV, il Fatto ha titolato sul ritorno dei dinosauri.
«Nell’articolo si parlava di me, di Tremonti e di Paolo Cirino Pomicino. E sa una cosa? Era da tempo che non si diceva tanto bene di me».
Eppure l’hanno accostata a Pomicino, molto diverso da lei.
«Cosa c’entra. Nell’articolo si sottolineava il dato di fondo, e cioè che quando in Tv ci vanno quelli che ragionano e non i soliti ripetitori, è tutta un’altra storia».
Torniamo alla casa. Allora, neanche un aneddoto? Ad esempio, è vero che sui pomelli di ottone delle porte ci sono le sue iniziali stilizzate e intrecciate?
«La saluto. Mi richiami per parlare di politica».
(Quella politica che, De Mita dixit, «può essere narrata solo come storia complessiva, sottraendo la memoria dalla tentazione della solitudine, del racconto solitario»).