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 2016  agosto 08 Lunedì calendario

Perché Mancini e l’Inter si sono detti addio

Mancini-Inter, cronaca di un divorzio annunciato. Sulla panchina nerazzurra siederà Frank de Boer, che potrebbe essere già a Milano. Nella notte è stato trovato l’accordo per la risoluzione contrattuale. Si parla di 2 milioni per chiuderla qui. Si attende solo la comunicazione ufficiale per cambiare pagina definitivamente: succederà oggi, con conseguente annuncio del nuovo tecnico e con la squadra che si ritrova alla Pinetina per un doppio allenamento già fissato. Mercoledì poi tutti in scena a Jesi (proprio la città di Mancini...) per la rifinitura mattutina a porte aperte e la sfida serale al Borussia Mönchengladbach.
Frank de Boer è un vecchio pallino del presidente Erick Thohir che da Rio, dove sta seguendo l’Olimpiade come capo delegazione dell’Indonesia, avrebbe dato l’ultimo colpo ad un allenatore che pure sino a pochi giorni fa definiva ancora «il fuoriclasse dell’Inter». Della bozza di accordo con De Boer si sarebbe già occupato il potente consulente di Suning Kia Joorabchian, procuratore dell’olandese e nemico del Mancio dai tempi del City. De Boer firmerà un triennale: 2 milioni per il primo anno, tre per i successivi. Un ingaggio che lascerebbe libere le mani al club per accogliere Simeone tra un anno senza fare un bagno di sangue. Allo studio l’idea di affiancargli Cristian Chivu (peraltro ex Ajax) anche per questioni linguistiche. Dopo un approccio fatto due settimane fa, sabato sera il d.s. Piero Ausilio è volato a Londra con il Ceo Michael Bolingbroke per parlare con De Boer e poi fare un report tecnico a Suning. Perché l’olandese – che in patria ha appena perso uno scudetto surreale – non sarebbe stato il primo della lista tra i sostituti di Mancini. Ed è girata voce anche di un contatto con l’ex Roma Garcia.
Appena Mancio ha saputo, ma non dal d.s. Ausilio, del blitz londinese ha avuto la conferma di essere ormai rimasto solo. Perché se è vero che gli attriti tra dirigenza e tecnico risalgono ai mesi scorsi, la situazione è degenerata dopo il tracollo di venerdì contro il Tottenham. Quell’1-6 ha dato fiato alla fronda anti Mancio e infastidito anche i cinesi. Che pure durante la settimana avevano mandato al tecnico un secondo segnale di grande apertura. Oltre al mercato di alto profilo e senza cessioni eccellenti, è arrivata la proposta di rinnovo. Un prolungamento di due anni, fino al 2019, a cifre congrue ma con una serie di postille legate alla Champions su cui i rispettivi avvocati si stavano confrontando. Mancio però avrebbe chiesto una forte penale in caso di esonero anticipato e soprattutto non avrebbe accettato di non essere coinvolto sul mercato. Come ritiene sia successo in questa estate surreale, in cui da centro di gravità nerazzurro è finito ai margini. Aveva chiesto Reus, Vermaelen e Touré, gli è stato risposto tre volte di no.
Questo ha convinto anche Suning a voltare le spalle a Mancini, per il quale non erano evidentemente più disposti a buttarsi nel fuoco (Bayern e Tottenham docent) nemmeno i giocatori. Tanto che nelle ultime ore ci sarebbe stato un sondaggio con gli uomini più importanti dello spogliatoio che hanno scaricato Mancio spiegando che sia a Riscone sia negli Stati Uniti il lavoro atletico e tattico non era stato per nulla intenso.
L’aspetto paradossale di una vicenda in cui per certi versi hanno perso tutti è che è mancata l’arma del delitto. Mancini infatti non intendeva certo dimettersi. Il passo decisivo è toccato alla società. Nella notte gli avvocati hanno trovato la risoluzione consensuale, che, a questo punto, lo stesso tecnico si è deciso a favorire pur di chiudere una volta per tutte un triste capitolo della sua carriera. L’alternativa sarebbe stato l’esonero con relativo pagamento di circa 5 milioni netti. Se non altro, infatti, grazie all’incentivo all’esodo il club sa che non avrebbe dovuto versare 10 milioni lordi, ma una cifra inferiore perché cambierebbe la tassazione. L’annuncio ufficiale come detto arriverà oggi, l’ufficio stampa è stato allertato per preparare il consueto comunicato.
Un finale impostato da mesi. Da quando cioè Thohir, ancora prima di cedere la maggioranza a Suning, ha progressivamente congelato Mancini, non informato degli sviluppi societari e col passare del tempo sempre meno coinvolto sul mercato. Al tecnico – cui peraltro lo stesso indonesiano aveva affidato tutto quando nel novembre 2014 esonerò Walter Mazzarri – è stato imputato il crollo dello scorso inverno che vanificò la partenza sprint e il sogno Champions e la scarsa valorizzazione di alcuni giocatori. Kondogbia in primis. Mancio ha rotto anche con Bolingbroke, ma il primo faccia a faccia con i cinesi, il 28 luglio a New York, aveva acceso la speranza che la nuova proprietà prendesse in mano la situazione, inserendo un uomo forte italiano. Invece la strada era segnata.