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 2016  agosto 08 Lunedì calendario

Il trionfo del judo azzurro a Rio: oro e argento per Fabio Basile e Odette Giuffrida

La mission non è più impossibile, parola di Fabio Basile. È lui, il 22enne nato a Rivoli e cresciuto a Settimo Torinese, a dire duecento. È l’oro che fa entrare nella leggenda.
Una leggenda iniziata con il conte Trissino nel 1900 a Parigi. Rio 2016, Judo Boy è Fabio, il judoka piemontese che ha fatto un ippon alla storia azzurra.
«Ho sempre amato le mission impossible», dice Basile. Sembrava che lo fosse arrivare ai Giochi. Macché. «Ci arriverò». Fatto. Per giocarsela col suo judo aggressivo, sbarazzino, senza timori. Così ha fatto da sempre. Dall’inizio della carriera al Club 2011 Avigliana, per poi passare all’Akiyama Settimo Torinese sotto la guida di Pierangelo Toniolo. Al suo attivo tre titoli di Campione Italiano Assoluto conquistati con i colori del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, per il quale milita. Al suo attivo, soprattutto, l’oro numero 200 nella storia olimpica dell’Italia.
Strepitosa doppietta
E siamo anche tutti Swann, innamorati di Odette. E non è Madame de Crécy, bensì judoka de Roma che non ha perduto tempo nell’andare a prendersi la medaglia all’Olimpiade. Odette Giuffrida ha 22 anni e, nei pochi momenti che non trascorre sul tatami, è appassionata di fotografia: lo scatto che la immortala è dalla Carioca Arena 2 di Rio de Janeiro. Insieme a Basile, strepitosa doppietta. Lui d’oro, lei d’argento. In un 7 agosto che ha sempre portato bene all’Italia: ora sono 7 le medaglie in questa data. Diventano 15 per l’ItalJudo, da capolavoro. Con i due giovani pilastri di quello che doveva essere il Progetto Tokyo 2024 con il direttore tecnico Murakami. Tappe bruciate, successi già brasiliani: «Con lui sono riuscito a liberare la mia forza. Sono cresciuto». Altro che ricerca del tempo perduto, loro il tempo lo hanno rovesciato. Ok, Kelmendi ha portato il primo oro della storia al Kosovo negandolo alla capitolina. Ma non importa, argento. E subito dopo è arrivato l’oro 200. Tutti Swann, innamorati di Odi e Fabio. C’era una volta Judo Boy, cartoon nipponico nato da una manga del 1968. Dei due azzurri poteva essere zio, i nipoti classe ’94 hanno scavalcato le generazioni. E c’era una volta «Campioni, il sogno», Reality sul calcio. Nella prima edizione, l’attaccante Christian Giuffrida, adorato dal pubblico, che nella sua scheda raccontava di avere una sorella di 10 anni (era il 2004), Odette, e un fratello di 15, Salvatore. La sorellina è cresciuta e ha costruito la sua realtà olimpica da campionessa, il sogno. Maestro Murakami, ci può stare un titolo dell’omonimo Haruki: «Tutti i figli di Dio danzano». Odette si definisce atleta di Cristo, tutta fede e nessuna superstizione. Ballano sul podio, Giuffrida e Basile. Semifinali all’italiana, vinte con 0-0 e penalità dell’avversario. Ma anche condotte, non subite. «Il mio soprannome è “Veleno” – racconta Odi – e questo dà un’indicazione del mio caratterino: non sto mai ferma…». Ed è corsa in finale a incrociare il destino con la storia e Majlinda Kelmendi, la portabandiera del Kosovo alla prima partecipazione a cinque cerchi, fenomenale fascio di nervi che dopo Londra 2012, quando lottava per l’Albania, ha perso solo 4 incontri su 105. Pardon, 4 su 109. Dall’infanzia di guerra alla prima medaglia per la sua nazione, d’oro. «È la prima volta del Kosovo ai Giochi. È un momento storico, non solo per me ma per tutto il popolo kosovaro». Gioia al quadrato. «Dal momento – dice Giuffrida – in cui mi tolsi le scarpe e salii sul tatami nessuno fu più capace di farmi scendere». Anche a Rio, nessuna è stata capace di farla scendere fino alla finale, fino alla Kelmendi. A Basile non l’ha fatto scendere nessuno dal gradino più alto del podio, è lui che ha reso possibile la missione storica.