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 2016  agosto 05 Venerdì calendario

L’Islam e l’8 per mille

I musulmani d’Italia lanciano la sfida dell’8 per mille. «Se vogliamo dire davvero no ai finanziamenti stranieri alle moschee, lo Stato firmi un’intesa con noi». Ma con noi, chi? L’islam italiano è infatti una galassia di sigle e associazioni. «Una rappresentanza unitaria – fanno sapere dal Viminale – pare per ora impercorribile. Ma è quello che servirebbe a fare chiarezza: avere un unico e credibile interlocutore». La proposta delle principali organizzazioni islamiche è un’altra: «L’islam ha una ricchezza di voci. Facciamo più intese, sul modello della religione protestante».
Oggi in Italia non si aprono moschee senza il flusso generoso di denaro dall’estero. Come scritto ieri da Repubblica, i principali finanziatori sono l’Arabia Saudita, il Qatar, la Turchia, il Marocco. Non bastano infatti le collette tra i fedeli e le quote associative per costruire delle vere moschee. Servono milioni di euro. Come i 25 milioni donati in tre anni dalla Qatar Charity all’Ucoii per la costruzione di 43 moschee sul territorio italiano.Una richiesta accomuna tutte le principali sigle dell’islam italiano: «Rinunciamo alle donazioni dall’estero – propone Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Ucoii – ma prima sottoscriviamo un’intesa tra lo Stato e la fede musulmana, per poi accedere all’8 per mille». Insomma è l’8 per mille il traguardo a cui aspirano il milione e 600mila musulmani d’Italia. Ma prima ci vuole un’intesa con lo Stato, così come previsto dall’articolo 8 della Costituzione. E per arrivare a questa il governo chiede all’islam di darsi una organizzazione unitaria. Questo è il punto: difficile infatti parlare di rappresentanza unica dei musulmani d’Italia, anzi quasi impossibile.
Oggi le principali organizzazioni musulmane, che potrebbero aspirare a un’intesa con lo Stato, sono: l’Ucoii, la Coreis, il Centro islamico culturale che fa capo alla Grande moschea di Roma e la Confederazione islamica italiana (rappresentativa anche del mezzo milione di marocchini che vive in Italia). E ciascuna è gelosa della propria identità.«Perché si chiede a noi quanto non si è preteso da altri? – domanda Elzir – la Costituzione non parla infatti di un’unica intesa. Lo Stato italiano ha stipulato sette intese separate con il mondo protestante, due con i buddisti. Potrebbe fare lo stesso con le associazioni musulmane. Noi non chiediamo deroghe, siamo disponibili a cominciare un cammino comune e pronti a presentare bilanci pubblici. Ma per ora l’intesa è lontana. Al tavolo presso il Viminale con le rappresentanze islamiche, si è parlato di imam, moschee, ma non di questo».
Sui bilanci pubblici insiste Yahya Pallavicini, vicepresidente della Comunità religiosa islamica italiana (Coreis): «Prima ci vuole un’intesa con lo Stato italiano, poi si potrà discutere di 8 per mille. Ma prima di tutto le associazioni musulmane devono presentare un bilancio di tutte le proprie attività». Quanto alla rappresentanza unica, Pallavicini coglie la sfida: «Una piattaforma unitaria dell’islam italiano sarebbe una prova di maturità ed è la strada che lo Stato preferisce, vista la complessità del mondo musulmano. Ma non può essere una condizione senza la quale l’intesa non si stipula. Con altre confessioni si sono firmate più intese separate». Nell’attesa, Pallavicini ha avanzato una proposta intermedia al Viminale: «Mettiamo su una fondazione per le opere di culto dell’Islam italiano, controllata da ministero e associazioni riconosciute, dove mettere insieme finanziamenti pubblici e stranieri».
«Un coordinamento è auspicabile – sostiene Massimo Abdullah Cozzolino – ma intanto la nostra Confederazione islamica italiana si è già posta come interlocutore per un’intesa con lo Stato. Abbiamo riunito 356 moschee sul territorio e abbiamo pubblicato tutto online: siamo credibili e rappresentativi».
Dell’urgenza di un’intesa parla anche Nadia Bouzekri, da maggio scorso prima donna presidente dei Giovani musulmani d’Italia: «Lo Stato riconosca la ricchezza dell’islam italiano e stipuli più intese. Noi come giovani musulmani siamo molto limitati nella nostra azione, non avendo neppure una sede. Educare i ragazzi, estirpare ogni estremismo, non è facile se non hai a disposizione i mezzi per portare avanti i tanti progetti intrapresi».