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 2016  agosto 05 Venerdì calendario

A Londra una donna è stata uccisa a coltellate da uno squilibrato di origini somale

Diciannove mazzi di fiori allineati lungo la cancellata del giardino pubblico. Diciannove, come gli anni dell’assassino. L’unico biglietto è quello del parroco della chiesa anglicana: «Preghiamo per te». L’uccisione di Darlene Horton, una turista sessantenne della Florida, si merita questa commemorazione in tono minore. «Per fortuna era solo un ragazzo malato di mente», quasi si giustifica la titolare del negozio di souvenir che sta di fronte al marciapiede del delitto. Per fortuna. Ma per tutta la notte Zakaria Bulhan, il giovane norvegese con il coltello che alle 22,30 di mercoledì ha seminato il terrore tra i turisti di Russell Square, è stato un potenziale terrorista, l’ultimo protagonista dell’estate del terrore. E ora, in quello stesso giardino, Samara, 24 anni, musulmana di origine russa, confessa: «Qui nel centro di Londra non ho mai avuto paura. Mi sono sempre sentita rispettata. Ma da un po’ di tempo portare il velo fuori, nelle campagne, sta diventando un problema». La storia del balordo accoltellatore notturno fa così da specchio alle paure di una città che sul melting pot ha costruito la sua secolare fortuna.
Per tutta la notte Zakaria Bulhan è stato interrogato da Scotland Yard. Prima nell’ospedale dove lo ha portato l’ambulanza dopo la cattura, poi nella prigione a sud della città dov’è stato trasferito tra grandi misure di sicurezza. Zakaria era emigrato in Inghilterra nel 2002, all’età di cinque anni: «Nulla – dice il responsabile dell’antiterrorismo Mark Rowley – ci fa pensare che si tratti di una persona che si è radicalizzata. Nemmeno il fatto che la sua famiglia sia di origine somala sembra rilevante. Riteniamo che il fattore più significativo per spiegare il gesto sia la sua salute mentale». Rowley parla a ragion veduta, dopo una notte di interrogatori e la perquisizione di due abitazioni della famiglia di Zakaria. Altri elementi arrivano a sostegno della tesi del raptus di uno squilibrato. I testimoni riferiscono che «l’assassino ha agito in silenzio, senza gridare slogan o invocare motivi legati alla religione». E soprattutto, sostiene Scotland Yard, «il ragazzo ha colpito in modo totalmente casuale, non ha scelto le sue vittime». Prima di morire, colpita da tre fendenti alla schiena, Darlene ha trovato la forza per mettere in salvo una famiglia spagnola che stava arrivando sul marciapiede: «Andate via, è ancora qui». Quando è arrivata l’ambulanza Darlene era viva ma è morta dissanguata prima di arrivare all’ospedale. Gli altri cinque feriti non sono in pericolo di vita. Sono un britannico e tre donne: una spagnola, un’australiana e un’israeliana. Due di loro sono stati trattenuti in ospedale.Meno di ventiquattrore dopo, il giardino di pubblico di Russell Square è di nuovo popolato di turisti, studenti e professionisti che hanno terminato l’orario d’ufficio. Il caffè Russell promette pizza, espresso e gelati italiani. «Certo che abbiamo paura. In questo quartiere, undici anni fa, i terroristi hanno fatto saltare un autobus». Gregory, 36 anni, designer, ricorda bene quei giorni: «Con il passare del tempo la tensione si era un po’ allentata. Ora con quel che è successo in Francia, siamo tornati tutti nervosi».
Il governo ha annunciato 600 agenti in più per le strade di Londra: «È vero. Infatti ieri la polizia è arrivata cinque minuti dopo il delitto. Ma non sono gli agenti che rassicurano. Anzi». Da quando è tornata a salire la tensione? «Dalla campagna sulla Brexit. Quelli che fanno il suo mestiere hanno cominciato a scrivere sui tabloid che saremmo stati invasi da immigrati e terroristi. Io non ci ho creduto ma molti, soprattutto nelle piccole città, hanno abboccato». Shebad è uno studente pakistano. Segue i corsi di ingegneria all’università: «Questa è sempre stata una città accogliente. Ci ho vissuto bene in questi anni. Gran parte delle persone sa fare la differenza tra chi segue una religione e chi la strumentalizza per giustificare il terrorismo. Ma altri, anche qui, anche all’università, cominciano a distinguere meno. Ti guardano diversamente da prima. Il governo dice che un nuovo attacco verrà. Non discute se ma quando. Ecco vede in questo giardino? Ognuno si guarda intorno e pensa che il vicino di panchina possa essere il nuovo assassino».