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 2016  agosto 03 Mercoledì calendario

Banche tedesche ultime per leva

Le banche tedesche, francesi e olandesi hanno mostrato i risultati peggiori negli stress test Eba in termini di leva. Dopo Mps, l’unica con capitale negativo, le banche con il più basso leverage ratio nello scenario avverso sarebbero nell’ordine Bayerische Landesbank (2,8%), Société Générale  (2,91%), Abn Amro (2,94%), Deutsche Bank  (2,96%), Norddeutsche Landesbank (2,99%). Questi istituti sono sotto la soglia del 3% fissata come standard dal Comitato di Basilea, che potrebbe diventare requisito vincolante dal 2018 (la Commissione Ue valuterà quest’anno se lanciare una proposta legislativa). Poco sopra il livello del 3% ci sono Raiffeisen (3,03%), Commerzbank  (3,04%), Rabobank (3,04%) e Unicredit  (3,14%).
Nel complesso ci sono 19 banche con un leverage ratio inferiore al 3,5% nello scenario avverso: tra queste, sei sono tedesche (le due maggiori e quattro landesbank), quattro olandesi, tre francesi, due italiane, una spagnola, una britannica, una irlandese e un’austriaca. La media delle banche europee è pari al 4,2%.
Se si mette da parte lo scenario avverso (basato sulle ipotesi negative dello stress test) e si passa allo scenario base (quello secondo le effettive attese economiche), ci sono 18 banche con un leverage ratio 2018 sotto il 5%: sette tedesche, quattro olandesi, tre francesi, due danesi, una svedese e una italiana (Unicredit, mentre Mps  è al 5,01%).
Le banche del Nord Europa partono da livelli più bassi di leverage ratio, come si osserva dai dati non stressati a fine 2015: tra le dieci banche peggiori, cioè quelle con valori sotto il 4%, ci sono quattro tedesche, quattro olandesi e due francesi (si veda tabella in pagina). I sistemi bancari di Germania, Olanda e Francia sono quelli con i valori più bassi. È però parzialmente diverso il quadro che emerge dall’analisi del Common equity tier 1 (Cet1): tra le undici banche con Cet1 sotto l’8% nello scenario avverso ci sono due italiane, due tedesche, due spagnole, due irlandesi, una britannica, una austriaca e una francese.
Lo scenario cambia quindi a seconda che si consideri un indice di capitale non ponderato (il leverage ratio, che è il rapporto tra capitale e attivo totale) o ponderato (il Cet1, che è rapporto tra capitale e attivo ponderato per i rischi). Come si spiega la differenza? Le banche tedesche, olandesi e francesi sfruttano meglio le ponderazioni previste da Basilea per mostrare Cet1 più elevati, a parità di capitale. In teoria le ponderazioni di Basilea servono a calibrare i requisiti di capitale in proporzione ai rischi di bilancio. L’idea è che sia richiesto meno capitale per far fronte ad asset meno rischiosi. Ma la realtà stride con questo obiettivo: le banche più avvantaggiate sono proprio quelle più orientate all’attività d’investimento. Gli istituti decidono le ponderazioni sulla base di modelli interni poi validati dalle autorità di vigilanza. Dai dati sulla leva appare che le autorità del Nord Europa, inflessibili verso gli istituti degli altri Paesi, sono state invece più generose con le banche nazionali nell’autorizzazione dei modelli interni.
Per esempio Deutsche Bank  è una delle banche con minore attivo ponderato in proporzione agli asset totali: questo vorrebbe dire che il bilancio della banca è uno dei meno rischiosi in Europa. Una valutazione ben diversa, però, è stata fatta recentemente dal Fmi. Una cosa è certa: tra l’istituto di Washington e le autorità tedesche/europee c’è qualcuno che si sta sbagliando. Deutsche Bank  è il caso simbolo, ma non l’unico all’interno dei sistemi bancari nordeuropei. Il Comitato di Basilea ha riconosciuto il problema delle ponderazioni, ma ha proposto correzioni che secondo molti hanno ulteriormente peggiorato la situazione, con criteri ancora più stringenti per il credito (nell’ambito della cosiddetta Basilea 4).
Da tempo la Bce ha avviato un’analisi dei modelli interni delle banche: gli esiti di questo esame saranno però pluriennali, a differenza di quelli sui crediti deteriorati: sul tema delle sofferenze sono state avviate task force e decisioni immediate. La Bce, per esempio, è intervenuta per ridurre le sofferenze del Banco e di Mps, ma non risulta che abbia chiesto piani simili per ridurre i vizi dei modelli interni: un’azione di questo tipo comporterebbe allo stesso modo la richiesta di più capitale ad alcune banche, che sarebbero poi più vulnerabili sui mercati. Non c’è dubbio però che un blocco di Paesi all’interno della Bce abbia convenienza a spostare i riflettori su altri punti deboli del settore bancario Ue. Le scelte della vigilanza sono tra i fattori che orientano le percezioni dei mercati. Anche ieri le banche italiane hanno perso più della media europea (-6% contro -3,4%).
Un indice di capitale non ponderato come la leva non è di per sé migliore o peggiore del Cet1 (che pure ha mostrato difetti significativi). Di certo gli investitori hanno dato meno peso agli stress test in termini di leva, anche perché la regolamentazione bancaria si è finora basata su requisiti ponderati per il rischio (mentre il leverage ratio come detto non è ancora un requisito vincolante). La valutazione dei rischi resta però soggetta a possibili distorsioni. Nello scenario avverso dell’Eba Deutsche Bank  (ieri -4,4% in borsa) e SocGen  (-3,1%) sarebbero sotto il minimo regolamentare di Basilea del 3%, ma in questi giorni la borsa ha penalizzato di più banche con più capitale come Ubi e Banco, che hanno perso ieri il 7 e il 10%. Sui mercati pesa anche la consapevolezza che in caso di difficoltà di un istituto come Deutsche Bank  la cancelliera Angela Merkel non esiterebbe a salvarlo con denaro pubblico, probabilmente senza neppure cadere nel bail-in, considerando le possibili eccezioni legate ai rischi sistemici della banca (certificati appunto dal Fmi). La reazione dei mercati agli stress test fa capire che si guarda ancora alle banche in base al Paese di appartenenza: una situazione opposta a quella che si voleva raggiungere con l’Unione bancaria.