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 2016  agosto 03 Mercoledì calendario

«Gli ho dato uno schiaffo e mi è proprio uscito dal cuore ahahah... Dirai alla mamma che mentre giocava s’è fatta male». Altre registrazioni nell’asilo milanese

Il sabato e la domenica, come avvenuto a fine maggio con l’acquisto di una dose in piazzale Maciachini da uno spacciatore e come accertato da una perquisizione, Milena Ceres fumava hashish per calmarsi. Il resto della settimana coordinava l’asilo BabyWorld di viale Sarca dove lavorava insieme al compagno Enrico Luigi Piroddi. Se le telecamere installate dai carabinieri nella struttura alla periferia Nord di Milano hanno registrato gli schiaffi, i morsi e i sequestri dei bambini (legati e chiusi al buio nel gabinetto per ore), le «cimici» hanno permesso di ascoltare le parole della 34enne che accompagnavano gli abusi. In un’occasione, dopo aver picchiato un piccolo, Ceres esultava: «Gli ho dato uno schiaffo e mi è proprio uscito dal cuore... Mi sento meglio... Mi sento proprio liberata adesso ah ah ah».
Il materiale audio e video in possesso della Procura documenta centoquindici giorni di orrore fino al 27 luglio, quando l’asilo è stato sequestrato. Un orrore consumato in particolare contro sei bambini, tre maschi e tre femmine una delle quali di nemmeno un anno. Ceres e il 35enne Piroddi, che hanno (avevano) in programma il matrimonio sabato prossimo, al di là delle difese negli interrogatori dove hanno parzialmente ammesso ma anche giurato di non ritrovarsi in alcune accuse, hanno cercato di nascondere gli abusi. La complicità della coppia, assistita dagli avvocati Chiara Campanello e Bruno Del Papa, è evidente in un’intercettazione telefonica che risale a giugno. Piroddi: «La bambina si è svegliata con dei segni rossi in faccia. Volevo capire se era un tuo schiaffo». Ceres: «Gliel’ho dato in testa, non in faccia. Non sono così stupida. E comunque, metti un po’ di cremina... Dirai alla mamma che mentre giocava s’è fatta male».
Le due ex colleghe che con le denunce ai carabinieri della stazione Greco, coordinati dal Comando provinciale diretto dal colonnello Canio Giuseppe La Gala, hanno «avviato» l’inchiesta, definiscono Ceres «una persona dal carattere autoritario, brusco, iroso, intransigente». Minacciava i bambini: «Devi mangiare senza piangere sennò vai in bagno». Pretendeva di dare l’«esempio» al resto del personale: «Non abbiate paura a spaventarli, i bambini». Ce l’aveva col mondo: «Questo qui è ritardato... Ma quando se ne accorge la mamma che il figlio è un ritardato?». Faceva domande ai piccoli e aspettava risposte nemmeno fossero adulti. Utilizzava sistematicamente le punizioni. Il primo aprile un piccolo di due anni fu legato con le cinghie a una sdraio, portato nel bagno e lì abbandonato; siccome nell’agitarsi era caduto provocandosi ferite alla fronte e un orecchio, e aveva iniziato a piangere, Ceres era passata al piano B: stringere più forte le cinghie e chiuderlo di nuovo nella prigione. L’indomani nel gabinetto c’era finita una bimba di nove mesi: dalle 9.15 alle 11.08.
Il BabyWorld fa parte di una catena di franchising con sedi in mezz’Italia. Ieri, le educatrici degli altri asili hanno subìto il linciaggio sui social. Molti si sono chiesti come sia stato possibile che nessuno abbia vigilato. Da mesi, i carabinieri attendevano le disposizioni del giudice per procedere. La mattina di quel 27 luglio, negli istanti successivi al morso, hanno deciso di scattare d’iniziativa. La Procura potrebbe far ricorso contro la scarcerazione (ai domiciliari Ceres e in libertà Piroddi). Altre due educatrici sono indagate: non hanno dato l’allarme. Eppure Ceres, nell’aggressività era perfino «appariscente». In un caso, a un bambino vennero provocate apnee, con conseguente respiro affannoso e un grande sforzo per recuperare aria che aveva causato la rottura dei capillari del viso. In un altro caso, una bimba era stata sbattuta a terra e tirata per i capelli. Ognuno nell’asilo doveva sottostare alla «maestra». Non c’erano alternative. «Ti faccio piangere con una ragione. Stai calma o prendi il resto. Non sono tua mamma o tua nonna, la pazienza ha un limite».