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 2016  agosto 03 Mercoledì calendario

Da Mussari a Zonin, ascesa e declino dei banchieri di provincia

Il campione italiano di categoria è senz’altro lui: il cavalier Giovanni Zonin detto Gianni, per venti anni alla guida della (fu) gloriosa Banca Popolare di Vicenza. Ha lasciato le redini della banca nel novembre scorso e adesso si aggira per le sue vigne e cantine chiedendosi il perché di tanta ingratitudine. Eppure lui ha fatto tanto del bene: ha assunto in banca magistrati e finanzieri che indagavano su di lui, per dire. Vallo a spiegare ai 120 soci della Popolare, che una volta avevano una banca e adesso non hanno più una lira. La più grande dissipazione di pubblico risparmio dopo il crac Parmalat: circa 6 miliardi di sacrifici, Tfr, utili aziendali, patrimoni familiari che adesso non valgono più niente. Zonin è indagato da tempo in un’inchiesta della procura di Vicenza, ma prudenzialmente, in attesa che si faccia chiarezza in tribunale, ha intestato a figli e parenti gran parte delle sue notevoli proprietà.
Al secondo posto il protagonista delle cronache di oggi, Vincenzo Consoli. È l’uomo che ha trasformato la piccola Popolare di Montebelluna nel decimo istituto italiano e nel secondo disastro del risparmio bancario recente. Tipo quattro miliardi euro. I meccanismi erano gli stessi di Vicenza: il valore delle azioni lo stabiliva il Cda, le azioni venivano vendute allo sportello come investimenti sicuri, le risorse utilizzate per pagare acquisizioni e tappare buchi nel patrimonio. Solo che tra il valore delle azioni e quello della banca c’era una differenza sempre maggiore. E quando la responsabilità della vigilanza è passata da Bankitalia alla Bce è saltato fuori che quel castello di carta non stava proprio in piedi.
Sul podio c’è di diritto anche Massimo Bianconi, ex ad di Banca Marche. Sotto la sua direzione l’istituto dava credito un po’ così, con leggerezza. Un consiglio tenuto in mano con ricatti e regalie, che approvava fino a 83 pratiche di affido in meno di cinque minuti netti (è successo davvero, il 23 luglio del 2008). Fa 3,6 secondi a pratica che, visto il numero di ottuagenari presenti, non è neppure il tempo di alzare la mano. Secondo gli avvocati dello studio Bonelli Erede, non proprio un’accolita di rivoluzionari, quello di Banca Marche è il più grave scandalo bancario dai tempi del crac Sindona. Per l’impegno profuso Bianconi avrebbe meritato una posizione più alta, ma la dimensione delle due popolari venete gli ha impedito una scalata fino alla vetta. Se ne farà una ragione: tra i tanti primati, detiene anche quello di essersi fatto pagare la buonuscita due volte, facendosi licenziare e assumere lo stesso giorno poco prima che Bankitalia vietasse i «paracaduti d’oro» per i banchieri.
Poi ci sono i fuori categoria. Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, ex presidente e direttore generale del Monte dei Paschi di Siena, inseguendo una smodata ambizione hanno lanciato Mps in operazioni strampalate, spropositate, onerose o illecite tanto che, a distanza di tre anni dallo scoppio dello scandalo, il sistema bancario ne sta ancora pagando le conseguenze. Il risultato è la distruzione di fatto della banca più antica del mondo, che dopo anni dall’addio dei due fa ancora fatica a rimettersi in piedi. Ci sarebbe anche Giovanni Berneschi, ex dominus della Carige. Di lui basterà dire che il figlio, parlando con la nuora, lo definiva «ladro» e «pazzo». Incidentalmente, Berneschi e Mussari sono stati rispettivamente vicepresidente e presidente dell’Associazione bancaria italiana.
Da ultimo, menzione speciale ai consiglieri della Popolare dell’Etruria. Più che una singola personalità forte, il Cda era composto da una dozzina di notabili legati da profonda amicizia, per così dire. Se uno dei consiglieri proponeva di dare soldi a qualche amico, pareva brutto bocciare la richiesta. E la piccola Etruria è finita così a finanziare lo yacht più grande del mondo che non ha mai visto il mare, una speculazione edilizia a Praga e una miriade altre imprese scricchiolanti. Quando viene commissariata, nel febbraio 2015, salta fuori che il 40% degli impieghi sono incagli e sofferenze. Un discreto primato, nel pur disastrato sistema bancario nazionale. Se questa fosse una storia di rapine in banca, individuati gli autori materiali, andrebbero ricercati chi ha fatto da palo. Ma qui prima vanno accertate responsabilità penali o civili prima di condannare chicchessia. Per intanto, nel caso qualcuno abbia fatto da palo, sarebbe bene si facesse da parte.