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 2016  agosto 03 Mercoledì calendario

C’è un problema anche con Unicredit

Un vaccino che potrebbe aggravare il paziente invece di curare il virus e una banca che da troppo tempo tutti ritengono abbia bisogno di capitale. Nelle vendite generalizzate sul settore bancario europeo, gli istituti italiani hanno vissuto due giorni particolarmente intensi a causa di due temi forti: i crediti andati a male e il possibile maxiaumento che potrebbe dover fare Unicredit, che oggi presenta i conti del semestre. «Non c’è un caso Unicredit. C’è una banca che tutti sul mercato ritengono sottocapitalizzata che ha un nuovo amministratore delegato che era uscito due anni fa dalla stessa banca perché pensava avesse bisogno di capitale». Un gestore da Londra riassume così le giornate convulse intorno più che dentro alla maggiore banca del paese. Jean Claude Mustier, arrivato da un mese in piazza Gae Aulenti, sta lavorando alacremente al suo piano industriale. «Un aumento ci sarà – dice il gestore – il problema sono le dimensioni». Le stime che circolano tra gli analisti parlano di otto miliardi, forse 8,5, al netto di dismissione di asset che però rischiano di danneggiare la redditività. Il tema però sono i tempi. Entro fine anno è atteso l’aumento da 5 miliardi di Montepaschi e difficilmente il mercato può reggere una massa così grande di capitale di banche italiane. Prima ci sarà il referendum costituzionale, che dall’estero al di là degli esiti viene percepito come un fattore d’instabilità.
Ma il paradosso delle banche italiane – e dunque anche di Unicredit – è che quella che dovrebbe essere la soluzione potrebbe rivelarsi parte del problema. Una sorta di contagio dato dal vaccino invece che dal virus. Il vaccino è il piano per mettere in sicurezza Mps. Se andrà in porto, dovrebbe avere l’effetto di riprezzare l’intero mercato delle sofferenze delle banche italiane, schiacciato dal virus del prezzo del 17% fissato dalla Ue per la bad bank di Etruria, Banca Marche, CariChieti e Carife. E dunque dare respiro anche ai titoli in Borsa. Ma nel piano c’è anche l’aumento degli accantonamenti sui crediti incagliati (di qualità migliore delle sofferenze) fino al 40%, che renderanno Mps la migliore in Italia per questo indice. Così da lunedì nelle sale operative hanno iniziato a circolare le simulazioni. Cosa accadrebbe se tutte le banche italiane portassero al 40% la copertura degli incagli? Servirebbe ancora capitale, tanto, a tutti. Gli analisti più attenti – come Credit Suisse in due note pubblicate lunedì e ieri – sottolineano che questo impatto è “sovrastimato” e di non vedere “implicazioni per le banche principali” dal possibile aumento delle coperture sugli incagli. Per ora, non è bastato.