Libero, 30 luglio 2016
Sulla Grecia ci siamo sbagliati, ammette ora il Fmi
Chiunque osa dire dell’Unione europea e della sua moneta unica «Basta, ci stanno portando alla rovina!» viene liquidato con disprezzo: «Zitto, populista ignorante!». Il mantra è sempre quello: «Bisogna dare retta agli esperti...»
Ora, i capi di tutti i capi della categoria «esperti» – cioè i cervelloni strapagati del Fondo monetario internazionale (Fmi) – si sono rivelati un branco di cretini accecati dalla loro fede esaltata nel progetto europeo e nella sua maledetta moneta. Parola non di un populista qualsiasi ma del Signore, ovvero del “watchdog” indipendente del Fmi, in un rapporto appena pubblicato sulla gestione dalla parte del Fmi della crisi dell’euro. Le conclusioni sono devastanti.
Dopo il crash bancario del 2008 il Fmi ignorava i chiari segnali di una imminente crisi colossale dell’Eurozona e poi, una volta scoppiata quella crisi, faceva errori allucinanti riguardo ai bail-out di Grecia, Portogallo e Irlanda. Il motivo di questi errori – secondo il rapporto preparato dal Independent Evalutation Office del Fmi – era molto semplice, cioè: gli esperti del Fmi pensavano che un crollo dell’Eurozona e della sua santa moneta fosse impossibile. Di conseguenza, il Fmi non aveva preparato nessun piano d’emergenza nel caso di un tale crollo. Gli Esperti sottovalutavano continuamente i gravi rischi causati dai deficit sui conti correnti dei paesi alla periferia dell’Eurozona che si stavano gonfiando sempre di più, e dal flusso torrenziale verso quei paesi di denaro in prestito. Ignoravano l’effetto catastrofico, insomma, di uno stop improvviso a quel fiume di denaro facile. Questa scarsità economica degli esperti economici del Fmi era fondata sulla loro incapacità di accettare il punto fondamentale di qualsiasi unione monetaria priva di un Ministero del Tesoro unico, di una banca centrale che fa prestatore di ultima istanza, e dell’unione politica. Cioè: la sua vulnerabilità davanti a una crisi provocata da troppi debiti. Qualsiasi Stato in una tale unione, una volta caduto in difficoltà, non ha gli strumenti sovrani per difendersi: non può svalutare, non può abbassare i tassi d’interesse, non ha una banca centrale – appunto – che fa da prestatore di ultima istanza.
Regnava «una cultura di compiacenza» dentro i vertici del Fmi – dice il rapporto – incline alle analisi «superficiali e meccanicistiche». Gli investigatori del “watchdog” si sono lamentati del fatto che tanti documenti chiave erano introvabili e che non è stato possibile penetrare le attività di gruppi segreti «ad hoc» creati per gestire la crisi dell’Eurozona. Si legge: «In certi casi non è stato possibile capire chi ha preso le decisioni oppure quali informazioni fossero disponibili».
L’approccio del Fmi alla nascita dell’euro era danneggiato da «group think» – cioè: la fede predicava l’euro come la salvezza del continente e chiunque si opponeva era trattato come un peccatore – anche dopo l’inizio del crollo bancario. Si legge: «Il Fmi rimaneva ottimista sulla solidità del sistema bancario europeo e sulla qualità del monitoraggio bancario nei paesi dell’area euro fino a dopo l’inizio della crisi bancaria globale a metà 2007. Questo lapsus era causato in gran parte dalla prontezza del Fmi ad accettare le rassicurazioni delle autorità nazionali dell’area euro per buone».
Incredibile ma vero, il Fmi non si era reso conto neanche del rischio gravissimo dei debiti giganteschi della Grecia. Si legge: «Si pensava che la possibilità di una crisi della bilancia dei pagamenti dentro un’unione monetaria fosse inesistente». Pensava – addirittura – anche a metà 2007 – che la Grecia avrebbe sempre avuto la possibilità di trovare liquidità all’estero perché «membro dell’Unione europea monetaria»! Si legge: «Che il Fmi non sia riuscito a anticipare niente di tutto ciò è un grave errore scientifico e professionale».
Il rapporto è anche molto critico del comportamento del Fmi nei confronti della Grecia. La crudele verità è che la Troika (la Commissione europea, la Banca centrale europea e il Fmi) hanno sacrificato la Grecia per salvare sia la moneta unica sia le banche europee del nord. Secondo il rapporto la Signora Lagarde e i suoi predecessori sono stati complici del martirio della Grecia, che non era necessario. Grazie anche a loro, la Grecia è stata costretta a sottomettersi all’austerità e alla miseria senza la solita cura amministrata dal Fmi di una riduzione dei debiti e senza la solita cura delle nazioni sovrane: una svalutazione della moneta.
Il Fmi ha poi sbagliato i suoi calcoli alla grande in riguardo. Aveva esagerato del 25% la crescita del Pil greco. Stimava in maniera completamente esagerata un guadagno di 50 miliardi di euro dalla privatizzazioni greche. E così via. «La grandezza degli errori previsionali sulla crescita greca sembra straordinaria», commenta il rapporto.
La conclusione a proposito della Grecia è lacerante: «Se la preoccupazione essenziale fosse la prevenzione di contagio internazionale, il costo di quella prevenzione avrebbe dovuto essere pagato – almeno in parte – dalla comunità internazionale come beneficiario primario». Meglio essere un populista a questo punto – piuttosto che un esperto.