Il Sole 24 Ore, 2 agosto 2016
La peggiore è stata la migliore. Paradossi del caso Mps
La peggiore è stata la migliore. Il Monte dei Paschi di Siena, la banca con il peggiore esito sugli stress test cioè l’unica tra i 51 istituti sotto osservazione macchiata da un Common Equity Tier One (Cet1) negativo nello scenario avverso, ieri in Borsa è stata tra le migliori in Europa e la migliore tra le italiane. La più grande paura non era la bocciatura dello stress test ma che il mercato potesse bocciare il piano del Montepaschi. E invece, nel giorno del debutto dell’operazione che promette di mettere in sicurezza il Monte, il mercato ha reagito bene, ci ha creduto, ha dato fiducia alla realizzazione futura del piano. Le quotazioni delle azioni del Montepaschi sono inizialmente volate, il suo rialzo è stato molto volatile ma importante e ha tenuto fino alla chiusura, la sua performance positiva ha svettato sul calo generalizzato e impietoso che ha buttato giù tutto il comparto bancario, non risparmiando nessuno, neanche i più bravi dell’esame dell’Eba.
Che i mercati abbiano preso ieri un abbaglio, è possibile. I mercati si sbagliano, e si sbagliano spesso. Ma la giornata di gloria del Montepaschi, una banca solita al massacro in Borsa per colpa di problemi giganti, annosi e irrisolti, si spiega quasi banalmente in termini di quello che in essenza è il mercato, quello che sul mercato funziona e piace: certezze, trasparenza, visione. Il Monte è arrivato all’appuntamento dell’apertura dei listini con una soluzione in tasca e un piano che il mercato ha deciso di considerare credibile, sebbene si concretizzerà tra qualche mese, alla vigilia dell’esito di un vero esame, lo Srep di fine anno condotto dalla Bce sulla valutazione dei rischi e sull’adeguatezza patrimoniale delle banche.
Continua pagina 5 Isabella Bufacchi Continua da pagina 1 Il Montepaschi ha convinto il mercato con i suoi conti che negli ultimi trimestri sono tornati in positivo, con le dimensioni dell’aumento di capitale, serie e ambiziose perché presentate in forma risolutiva: 5 miliardi non sono mezze soluzioni come piani da 2 che forse avrebbero fatto crollare sì anche Mps in Borsa. Il Monte si è fatto accompagnare da otto delle più grandi investment banks mondiali, ha sfoderato un prestito-ponte che permetterà fin da subito la “derecognition” della cessione delle sofferenze anche nel rispetto dei criteri contabili Ias, ha indorato la pillola con accantonamenti severi su tutto il portafoglio dei crediti deteriorati, fino alle Gacs per garantire il maxi-collocamento di senior bonds fino a 6 miliardi. Senza aiuti di Stato, senza burden sharing né bail-in. I mercati sono popolati da chi investe capitale affinché sia ben remunerato rispetto ai rischi, generi plusvalenze e non minusvalenze. Anche per questo hanno bisogno di punti fermi, trasparenza, certezze dove possibili: guardano avanti, gli stress test sono storia remota, ora si guarda agli Srep, la Borsa ieri lo ha confermato. Stress test costruiti su bilanci statici fermi al 31 dicembre 2015, in un mondo finanziario che viaggia al secondo e con i nuovi mezzi del trading elettronico al decimo di secondo, non può muovere i mercati. Se l’operazione Montepaschi diventerà un modello, potrà essere adattata – non ricopiata con copia e incolla perché ogni banca è un caso a sé, ogni portafoglio di crediti ha una storia a sé – per risolvere i problemi irrisolti di istituti dai quali il mercato “buono” attende risposte in tempi rapidi, come per esempio Unicredit, e sui quali la speculazione, il mercato “cattivo”, è sempre pronto ad accanirsi. Va rimosso dal mercato il dubbio, la minaccia del salvataggio forzato, vanno protette con soluzioni di mercato in stile Montepaschi le banche più sane: Banca Intesa e Ubi sono state travolte ieri da questo altro tipo di incertezza.
Ma ieri tutte le grandi banche europee hanno sofferto, e questo perché non esiste un vero e proprio unico “caso” bancario italiano. Il sistema bancario europeo nel suo complesso, sia pur se più capitalizzato rispetto ai tempi della crisi subprime e più resistente agli shock rispetto allo stress test del 2014, deve ora sapersi riproporre al mercato come fonte di redditività, con azioni che distribuiscono dividendi non perdite, con nuovi modelli di business rimodulati al passo con i tempi, un taglio drastico ai costi, maggiori investimenti in tecnologia avanzata, meno sofferenze (sfiorano i 1000 miliardi in Europa) e meno crediti deteriorati (fardelli con pesi pronti a lievitare se l’economia dovesse tornare a rallentare). Il contesto per le banche è reso più ostile dai tassi negativi che diminuiscono i margini e riducono la profittabilità. Il vero game changer per il sistema bancario è solo uno, la crescita. Un sistema bancario in salute riflette un’economia che cresce. E un’economia che cresce tiene in salute le banche. L’Europa non può più attendere, i mercati ancora una volta ieri hanno fatto suonare l’allarme: la crescita va sostenuta in tutti i modi, con maggiori investimenti pubblici e con le riforme strutturali, le banche – quelle non colpevoli di ruberie o di gestione allegra dei derivati – non possono essere lasciate da sole: anche l’aiuto di Stato, in casi eccezionali e circostanze straordinarie, può e deve esserci. Se uno dei 5 miliardi del Montepaschi fosse arrivato da una ricapitalizzazione precauzionale, garantita dallo Stato e senza burden sharing sui prestiti subordinati, ieri le banche tutte, italiane ed europee, avrebbero potuto spiccare il volo con Montepaschi.