Libero, 2 agosto 2016
Equitalia non riesce a recuperare 785 miliardi. Riscosso solo il 10 per cento dei crediti. La Sicilia è quella che fa più ricorsi
I dati parlano chiaro. Equitalia è un clamoroso flop. Non solo perché vessa i contribuenti a colpi di ganasce, pignoramenti e cartelle esattoriali, in barba alle norme che regolano il rapporto tra Stato e contribuente, ma soprattutto perché fallisce sistematicamente il suo obiettivo, ovvero recuperare le tasse e le multe non pagate da cittadini e imprese. Un rapporto della Corte dei conti, rilanciato ieri da ItaliaOggi, rivela che solo il 10% dei crediti fiscali affidati alla società delle esattorie viene recuperato.
Nel 2015 infatti la percentuale di riscossione si è fermata all’11,3% dei carichi netti. Calcolatrice alla mano, significa che su 100 euro di tributi non versati nelle casse dell’erario solo 11 vengono «riscossi» dalla spa fondata dall’agenzia delle Entrate e dall’Inps. Gli 89 miliardi «residui» finiscono in una sorta di stock di arretrati che, tra il 2000 e il 2015 ha raggiunto la cifra di 785 miliardi. Roba che il debito pubblico italiano, se quei quattrini fossero in cassa, sarebbe tra i migliori del mondo. E invece, qualcosa proprio non funziona nel meccanismo della riscossione delle imposte che il premier Matteo Renzi (ma non è chiaro come) si appresta a riformare. «A fronte di un carico netto affidato in riscossione crescente nel tempo (nel 2015 l’ammontare degli importi affidati a Equitalia è stato di 77 miliardi di euro, il quadruplo di quello affidato nel 2012) i volumi effettivi delle riscossioni – si legge sul quotidiano del gruppo Class – sono invece estremamente limitati, posizionandosi attorno all’11% e con percentuali ancora più basse se si limita l’esame alla riscossione dei cosiddetti residui attivi».
Il magazzino cresce in maniera esponenziale anno dopo anno e da questo punto di vista l’esecutivo dovrà scoprire le carte dell’annunciata riforma. Il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, nei giorni scorsi ha messo sul tavolo la sua proposta, commentando la rinnovata rateizzazione: «La questione va affrontata in modo più radicale con una vera e propria rottamazione delle cartelle esattoriali». Ecco i dettagli. «Paghi tutta l’imposta senza alcun tipo di sconto, paghi pure gli interessi legali per aggiornare nel tempo il valore del debito, ma ti vengono tolte tutte le sanzioni e tutti gli interessi moratori» ha spiegato Zanetti. Così «senza rinunciare a un euro delle imposte dovute – ha precisato il viceministro – l’Erario potrebbe incassare e molti contribuenti potrebbero vedere abbattuti di oltre il 50% i loro debiti residui e voltare pagina dopo una crisi durissima che ha messo molte imprese nella difficile condizione di diventare morosi verso il fisco per onorare i propri debiti con i dipendenti e i fornitori. Una misura del genere in legge di stabilità, in parallelo alle misure di riforma della riscossione, sarebbe una decisione assolutamente opportuna». Quanto allo stock oltre un terzo dei quasi 800 miliardi appaiono di difficile realizzo. Ben 138 miliardi di euro sono infatti dovuti da soggetti falliti, 78 miliardi di euro sono vantati nei confronti di persone decedute o da imprese cessate e 92 miliardi di euro sono invece dovuti da soggetti che, stando ai dati dell’anagrafe tributaria, possono essere classificati come nullatenenti. Oltre a tutto ciò occorre tener conto che altri 28 miliardi di euro sono al momento «congelati» per effetto di provvedimenti di sospensione delle attività di riscossione.
Giulio Zannini
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I contribuenti siciliani e il Fisco non vanno d’accordo. A dimostrarlo sono i dati sui contenziosi pendenti, da cui emerge che su un totale di 530.844 ricorsi, sul tavolo delle varie commissioni tributarie provinciali e regionali di tutto il territorio, ben 163.570 provengono dall’isola. Questo significa che quasi un ricorso su tre, ovvero il 30,8% del totale, è stato presentato da un siciliano. I numeri relativi all’andamento del contenzioso tributario nel 2015 sono contenuti nelle tabelle che accompagnano le relazioni presentate dal ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla direzione della giustizia tributaria. Il valore complessivo dei ruoli pendenti ammonta a 50,9 miliardi, per un importo medio di 95.975 euro. In tutto questo torna d’attualità l’ipotesi di «rottamare» le cartelle esattoriali. Nei giorni scorsi anche esponenti di governo hanno proposto di far pagare l’imposta e gli interessi eliminando le sanzioni e gli interessi moratori. Già con la legge di Stabilità 2014, del resto, era stata introdotta una misura del genere. Obiettivo: alleggerire il carico del contenzioso e fare cassa. I contribuenti, allora, non hanno dimostrato particolare interesse per la proposta del Fisco, che si limitava allo sconto dei soli interessi. L’incasso complessivo, infatti, si era fermato a quota 725 milioni di euro. La nuova formula, quindi, dovrebbe essere più allettante, senza però fare arrabbiare Bruxelles. Nella classifica sul contenzioso tributario, al secondo posto, dopo la Sicilia, per numero di liti pendenti si piazza la Regione Lazio con 67.861 ricorsi (pari al 12,8% del totale). Poi segue la Calabria con 62.667 ricorsi (11,8%). I contribuenti che hanno meno problemi con il Fisco sono gli abitanti della Valle d’Aosta; in tutto sono 183, che in termini statistici corrispondono allo 0,03% del dato nazionale. Restano sotto il punto percentuale le altre due Regioni con i numeri di contenziosi più bassi: il Trentino Alto Adige con 1.802 appelli (0,3%) e il Friuli Venezia Giulia con 2.769 appelli (0,5%). L’esame delle macro aree evidenzia che il numero maggiore di contenziosi proviene dalle isole, ovviamente grazie al contributo della Sicilia, dove si concentra il 33,2% dei ricorsi totali. Al secondo posto si posiziona il Mezzogiorno, da dove è partito il 31,6% dei contenziosi; dal Centro proviene il 18,6% delle contestazioni e dal Nord il restante 16,6%. In Calabria, in particolare, i ricorsi pendenti presso le commissioni tributarie provinciali (che rappresentano il primo grado di giudizio) sono 61.694, mentre nelle commissioni tributarie regionali (ossia il secondo grado di giudizio) risultano pendenti 973 casi. Anche se i ricorsi in attesa di giudizio nelle sedi regionali sono la maggioranza del totale (il 72,9%), la situazione della Regione risulta comunque unica se confrontata con gli altri Enti. Alla Calabria va anche il record per anzianità media dei ricorsi pendenti, che si aggira intorno ai 4 anni e 5 mesi, contro una media di circa 2 anni. Tra le altre Regioni in evidenza per la durata dei contenziosi ci sono la Sardegna (con 3 anni e quattro mesi), e il Molise (con 2 anni e 10 mesi). L’Ente territoriale più veloce è, invece, il Friuli Venezia Giulia, dove i contenziosi in media durano meno di otto mesi; bene anche il Veneto, dove si superano di poco i 9 mesi.