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 2016  agosto 02 Martedì calendario

Obama, il presidente pacifista, saluta con una guerra

Un’altra «guerra per mettere fine a tutte le guerre», continua in Libia per mano del Presidente americano che otto anni fa era entrato alla Casa Bianca promettendo, appunto, «mai più guerre». Dunque aveva ragione lui, Barack Obama quando, pur ringraziando, aveva giudicato un po’ prematuro quel Nobel per la Pace che gli era stato assegnato sulla base di discorsi, non di azioni.
Il bombardamento su Sirte, la città in mano all’Isil, come gli americani chiamano il Califfato giustamente aggiungendo all’acronimo la “L” per Libia, non è la dimostrazione di una ritrovata bellicosità da parte di un uomo che è semmai sempre stato accusato del contrario: troppe esitazioni e timidezze nella nuova guerra non guerra contro gli jihadisti tagliagole, È, forse più tristemente, la riprova di quanto poco valore concreto abbiano quelle parole e quelle promesse lanciate nelle campagna elettorali, come questa che stiamo vivendo fra Trump e Clinton che ci inondano di chiacchiere. Il Presidente pacifista che finisce il proprio tempo facendo la guerra è nella tradizione storica degli isolazionisti alla Wilson e Roosevelt divenuti interventisti, del Bush che aveva garantito di usare la forza soltanto in caso di minaccia diretta contro gli Usa e poi si buttò a capofitto nel pozzo Iracheno, del Reagan visceralmente antisovietico che abbracciò Gorbaciov. Anche Obama è una riconferma, buona per il futuro sia con Donald o con Hillary, che non sono i Presidenti a cambiare il mondo, ma è sempre il mondo a cambiare loro.