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 2016  agosto 02 Martedì calendario

«Devo andare a prendere mio figlio». E Virginia lasciò il Consiglio comunale a metà

«Marcello, interrompi il Consiglio. Devo andare a prendere mio figlio». E Marcello, che sarebbe De Vito, il presidente dell’Assemblea capitolina, quello che alle «comunarie» è stato l’avversario e il nemico giurato di Virginia Raggi, esegue. Anche se il «la» definitivo glielo dà Stefano Fassina, leader di Sinistra italiana che, non vedendo più la sindaca in aula si blocca: «Non vado avanti senza sindaca, rinuncio al mio intervento. Abbiamo aspettato tre settimane per sentire le linee programmatiche e il rispetto vorrebbe che la sindaca sia qui ad ascoltarci».
Ma Virginia non c’è e in un giorno per lei lunghissimo, nel quale viene di nuovo messa sotto pressione e sotto assedio dal Pd e dal resto delle opposizioni per il caso Muraro (Fratelli d’Italia è già pronta con una mozione di sfiducia), molla tutto e va via. In fuga, sembra, dal Campidoglio, dai problemi, dalla bufera politica che già la investe, dopo meno di un mese e mezzo di mandato. E il «porto sicuro» è l’unico che Virginia conosce e che ha già esibito a più riprese: la dimensione familiare, gli impegni col figlio Matteo, il suo volersi proporre come la sindaca della porta accanto, l’ostentata «normalità», quella emersa anche dalle foto in pigiama blu (a maniche lunghe, con questo caldo...) mentre sgrulla un tappetino sempre del figlio.
Ma che Raggi sia sulle spine lo si vede da piccoli segnali. In aula vive la presentazione delle linee programmatiche come si arriva all’appuntamento col dentista, oppure come un obbligo da assolvere nel più breve tempo possibile, schivando i colpi che inevitabilmente arrivano dall’opposizione. Così, con una dinamica mai vista prima, Raggi si presenta con la sua relazione di circa 45 pagine che legge per intero, riga per riga, con tono monocorde e senza alzare quasi mai gli occhi verso gli scranni dell’aula, dove la sua maggioranza l’applaude e dove le opposizioni la fissano con occhi sgranati, quasi increduli: «Sembra che reciti la lezioncina. Un giorno ci spiegherà chi è il vero sindaco di Roma...», commenta qualcuno.
Mentre parla, intorno a lei c’è quasi il vuoto: sugli scranni, infatti, la sua giunta non c’è (presente, all’inizio, solo il responsabile del Commercio Adriano Meloni: assente, naturalmente, la Muraro). L’idea sarebbe già di solitudine, se poi non intervenissero i big del Movimento Cinque Stelle, da Luigi Di Maio ad Alessandro Di Battista che pubblica un tweet con la foto del presidente dell’Ama Daniele Fortini col simbolo del Pd in fronte («Scoperchiato il vaso di Pandora. Chi ha sbagliato paghi. Il sistema quando viene colpito reagisce tutto normale. I romani devono sostenerci»).
Lo scontro in aula col Pd, con la capogruppo Michela Di Biase (moglie del ministro per i Beni culturali Dario Franceschini) che – appena finito l’inno di Mameli – alza il ditino e chiede (senza successo) che la sindaca risponda sulla vicenda Muraro e rifiuti, si è già consumato. E, nella «tenzone» fra donne, a difendere la Raggi ci pensa il «lombardiano» (nel senso che è vicino a Roberta Lombardi, nemica giurata di Virginia) lo stesso De Vito che le fa scudo a colpi di regolamento comunale. Virginia non fa una piega, anche se si sta rimangiando l’impegno preso il giorno prima sotto al Campidoglio («se risponderò? Ma certamente») e se sta facendo vedere di temere il confronto. Finita l’esposizione delle linee programmatiche, la seduta si chiude e i Cinque Stelle passano al contrattacco. La Muraro posta la sua difesa sul blog di Beppe Grillo, bypassando il sito del Comune e qualunque canale istituzionale, la Raggi – dal suo profilo Facebook – rilancia il post aggiungendo un commento: «Credevano che avremmo subito passivamente i loro attacchi, ma adesso hanno a che fare con un’amministrazione che ha un solo intento: ripulire Roma, in tutti sensi».
Ma quando il dibattito in aula riprende, lei ascolta qualche minuto e poi va via, assentandosi per circa un’ora. De Vito, con qualche imbarazzo, riunisce i capigruppo di maggioranza e opposizione: «Scusate, ma la sindaca ha avuto un impegno istituzionale inatteso». Virginia è già lontana, in fuga verso l’unica dimensione che al momento la rassicura.