la Repubblica, 2 agosto 2016
La bravura con la discontinuità non c’entra niente
Senza entrare nel merito tecnico del caso Muraro, l’assessora all’Ambiente del Comune di Roma della quale le opposizioni chiedono le dimissioni perché ex consulente dell’Ama, colpisce il paradossale disdoro che circonda chiunque abbia competenza in qualcosa, e dunque non soddisfi i criteri di “discontinuità” che sono l’autentica ossessione di questa fase politica italiana. La Giunta Raggi, di fresca investitura, può così misurare quanto sciocca e dannosa sia l’idea, molto grillina, che tutto, in politica, vada ripensato e rifatto a scapito di un passato che, per comodità demagogica, si immagina sempre sozzo, corrotto e incapace. Che Muraro sia brava o meno è assai meno importante, negli scampoli di dibattito che escono dal Campidoglio, rispetto al crisma di “discontinuità” che tutti, Pd compreso, pretendono come certificato di degnità. Essendo indegno, per definizione, avere avuto un passato di amministratore o di politico.
L’idea che la politica non sia (anche) una dura e delicata professione, ma una specie di missione pro-tempore, un volontariato animoso e candido di “cittadini” che si improvvisano bravissimi digitando un paio d’ore al giorno, è una scemenza siderale. Che Muraro sia stata o meno, nella lunga e penosa vicenda dei rifiuti romani, una professionista retribuita, importa poco. Importa sapere se ha acquisito competenze preziose; se è brava; se sa quello che fa; e ovviamente (ma è banale dirlo) se non è stata coinvolta in ruberie. Il resto è una mortificante tiritera e non serve a vuotare neanche un cassonetto.