La Stampa, 31 luglio 2016
Lo stradivari maledetto è nelle mani di un torinese
La storia sembra uscita dalla penna di Edgar Allan Poe. Gli ingredienti ci sono tutti: un omicidio con cadavere, un artista misantropo avvolto da un alone di ambiguità e atmosfere dal sapore gotico. «Le Noir» potrebbe essere il protagonista di uno dei racconti del celebre scrittore, anche se sembra solo un violino antico. Lo strumento, uno Stradivari del 1721, viene chiamato «Le Noir» per la macchia nera che lo contraddistingue e a causa del mistero che lo avvolge. Tuttavia il suo fascino si sprigiona principalmente tra le mani di Guido Rimonda, il suo ultimo proprietario.
«Come tutti gli Stradivari – spiega il violinista, direttore d’orchestra e fondatore della Camerata Ducale – porta il nome del suo possessore più celebre, in questo caso Jean-Marie Leclair. Ciò nonostante, per l’insolita avventura che lo accompagna, è stato soprannominato in quel modo».
Jean-Marie Leclair, violinista e compositore, fu un personaggio dalla vita avventurosa e dalla fine enigmatica. Ipocondriaco e misantropo, negli ultimi anni della propria esistenza si isolò dal mondo. Morì assassinato, a Parigi, nell’ottobre 1764, con una pugnalata alla schiena, ma fece in tempo a trascinarsi per prendere in mano il violino. Il cadavere venne scoperto solo due mesi dopo e sullo strumento lasciò una macchia nerastra della mano ancora oggi visibile.
«Sono – racconta il maestro – ormai 20 anni che lo suono. Inizialmente l’ho avuto in uso e poi mi è stato donato dalla famiglia che lo aveva e che vuole rimanere anonima». «Le Noir» ha attraversato i secoli e le nazioni per tornare in quella che sembra essere la sua patria, Torino. «È una sorta di ritorno a casa – prosegue Rimonda – perché Leclair fu a lungo ospite della capitale subalpina, dove studiò con Giovanni Battista Somis. Quasi sicuramente venne in contatto con lo strumento proprio qui ed è probabile che l’abbia acquistato in città. Occorre considerare che gli Stradivari diventeranno famosi grazie al piemontese Giovanni Battista Viotti, che fu il primo a portarli in giro per l’Europa, e va ricordato che all’epoca Torino ebbe un’importante scuola di liuteria».
Lo strumento ha un valore inestimabile e il suo suono è cristallino. «Non è sempre stato così – confessa il musicista -. Per i primi cinque anni, incredibilmente, non riuscivo a tirar fuori le sue potenzialità. Poi ha emesso un suono meraviglioso». Ma non c’era dietro nessun giallo. «Il motivo è perché era stato fermo per 50 anni e ha avuto bisogno del suo tempo per riprendersi».
Rimonda gli ha dedicato un disco, intitolato «Violon Noir» e uscito per Decca. Si potrà, invece, ascoltare «Le Noir» dal vivo domani, alla Basilica di Sant’Andrea di Vercelli, con un concerto dedicato a Bach e venerdì 26 agosto allo «Stresa Festival»: qui Rimonda si esibirà con Richard Galliano in un programma che spazia da Bach a Vivaldi, approdando a Piazzolla.