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 2016  luglio 30 Sabato calendario

Una doppia garanzia pubblico-privato per Montepaschi

Una garanzia pubblica, le Gacs rilasciate dallo Stato sulle tranche senior della cartolarizzazione dei non-performing loans del Montepaschi. E una garanzia privata, quella di JP Morgan che lancia l’idea del prestito-ponte e che si impegna per prima a sottoscrivere il finanziamento che anticiperà al veicolo (l’emittente dei senior bonds) la liquidità necessaria per acquistare il portafoglio delle sofferenze prima dell’aumento di capitale. 
Un bridge loan che risolve il problema dei tempi lunghi del collocamento della cartolarizzazione e spiana la strada per la ricapitalizzazione da 5 miliardi che, se tutto andrà bene, verrà finalizzata dopo l’esito dello Srep, l’indagine prudenziale della Bce attesa verso fine anno. Due garanzie, dunque, una proveniente dallo Stato e una dal mondo bancario, sono i due pilastri che sorreggono la soluzione di mercato che intende chiudere il capitolo più nero della storia della banca più antica del mondo e aprirne uno per una good bank, una banca pulita e tirata a nuovo, non solo grazie alla cessione di tutte le sofferenze ma senza neppure il rischio che vi sia in arrivo qualche brutta sorpresa sui rimanenti crediti deteriorati, in quanto anche gli “unlikely to pay” sono stati puliti con i giusti accantonamenti. Un’operazione da 5 miliardi, quella del Montepaschi, né più né meno: tanti ne servono, 5, proprio per poter ripulire del tutto la banca e rafforzarla per consentirle di garantire agli azionisti un’adeguata redditività.
«Le soluzioni ai problemi si trovano sempre. Ma servono le persone giuste attorno al tavolo». Lo ha detto e lo ha pensato Jamie Dimon, ceo e chairman del board di JP Morgan, quando si trovava a Roma il 6 luglio, in visita in Italia per festeggiare 100 anni di business della banca in Italia, appuntamento che ha poi coinciso con il voto di Brexit. Il primo pensiero di Dimon, uno dei banchieri più potenti e influenti del mondo, era rivolto in quelle ore al referendum favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Ma non era il suo unico pensiero: in quegli stessi giorni, il 5-6-7 di luglio, le quotazioni del Monte in Borsa crollano ai minimi, 0,27, 0,28 centesimi. L’Italia, il Governo Renzi, la Banca d’Italia, la Ue erano travolti da un uragano, come il Regno Unito con Brexit: il Montepaschi. I problemi di una sola banca, famosa su scala globale perché la più antica al mondo e comunque la quarta per dimensioni in Italia, stavano mettendo in ginocchio un intero sistema bancario, quello italiano, con un effetto-domino pericoloso per tutto il sistema bancario europeo nonostante le banche siano più capitalizzate, più vigilate e l’Unione bancaria sia un processo già avviato: questo ha visto Dimon con i suoi occhi, in quei giorni in Italia. Una tensione che ricordava le ore più buie della crisi del debito sovrano europeo. Perché il problema irrisolto dei non-performing loans senesi rischiava l’effetto valanga, di diventare il simbolo del doppio nodo scorsoio da 200 miliardi lordi e 85 netti che soffoca l’intero sistema bancario, che frena l’erogazione del credito all’economia e rallenta la crescita potenziale del Paese. Attorno a un tavolo servono le persone giuste: e forse è andata proprio così per il Monte, perché Dimon si è incontrato con Matteo Renzi e Claudio Costamagna (ad della Cdp, tra gli artefici del fondo Atlante). Ed è difficile pensare che, attorno a quel tavolo a pranzo, non si sia parlato di banche, di tutte le banche italiane e di una banca in particolare. «Senza un sistema bancario in salute, l’economia non può crescere», dice Dimon. E dunque, il problema del Montepaschi va risolto.
Non è un caso, dunque, se proprio JP Morgan abbia trovato la soluzione, ci abbia creduto – lavorandoci diversi mesi – per arrivare in tempo a poche ore dallo stress test, mettendo sul tavolo una soluzione di mercato, un prestito-ponte per blindare anticipatamente la cartolarizzazione futura delle sofferenze bancarie del Monte e facendo leva sulla garanzia pubblica Gacs sulle tranche senior e sul fondo Atlante acquirente della tranche junior. «Tutto si regge sulle Gacs», ha spiegato una fonte di mercato. «Andavano usati gli strumenti che sono a disposizione in Italia, le Gacs e il fondo Atlante, e questo è stato fatto».
Mettere a ferro e fuoco l’Italia tutta, il terzo Pil europeo, per un aumento di capitale da 5 miliardi, deve essere sembrato a Dimon come minimo bizzarro. Per lui, banchiere americano, un problema bancario si risolve nell’arco di un week-end: tanto è bastato agli Usa per rimettere in piedi il sistema bancario americano che era stato messo in ginocchio dalla crisi subprime. Aumenti di capitale, bad bank (Tarp), fusioni e acquisizioni, chiusura di una banca colosso: tutto fu deciso nell’arco di poche ore, prima dell’apertura dei mercati lunedì. Lo stesso vale epr Montepaschi. «Ora il sistema bancario americano è solido», chiosa Dimon, e l’economia americana marcia a un passo più spedito di quella europea.
La garanzia del settore privato e quella del settore pubblico: questa è la soluzione del Montepaschi. La garanzia di JP Morgan è nel prestito-ponte che dovrebbe essere finalizzato in settembre per un importo per ora stimato attorno ai 6 miliardi. Il bridge loan garantisce la realizzazione dell’operazione di cessione pro-soluto delle sofferenze del Monte (e quindi anticipa il risultato della cartolarizzazione che ha tempi ben più lunghi), senza la quale l’aumento di capitale non sarebbe stato possibile. Solo per un Nuovo Montepaschi la ricapitalizzazione, sul mercato, sarà possibile. La garanzia dello Stato è arrivata per ora con le Gacs sulla tranche senior della cartolarizzazione dei non-performing loans ma nel cassetto è pronta anche la garanzia per la ricapitalizzazione precauzionale nel caso ve ne fosse bisogno: non sono gli stress test dell’Eba che possono compromettere il Monte ma la banca, la cartolarizzazione, il prestito-ponte e l’aumento di capitale dovranno fare i conti, quello sì, con l’esito dello Srep. Sarà la Bce che avrà l’ultima parola per mettere il suo timbro, lo Srep, non sulla vecchia banca ma sulla nuova,good, banca Mps.