La Stampa, 31 luglio 2016
Rileggere di Harry Potter ai tempi di Brexit
«Per andare alla scuola di magia devi recarti alla stazione di King’s Cross, al binario 9 e tre quarti. Di lì parte lo Hogwart Express». Così si sente dire Harry Potter, giovane e infelice orfano di genitori dotati di poteri magici, mal tollerato da lontani parenti molto convenzionali, proprio all’opposto della magia.
I binari, naturalmente, sono denominati con numeri interi e dopo il binario 9 Harry Potter trova il binario 10. Si informa da alcuni ragazzini che sembrano diretti alla stessa scuola. «È semplice -, gli rispondono – tra il binario 9 e il binario 10 c’è un muro di mattoni, vai di corsa verso il muro con il tuo carrello dei bagagli e lo attraverserai senza danni». Con qualche esitazione, Harry fa proprio così e si trova in una realtà parallela: il binario 9 e tre quarti esiste davvero e su di esso è pronto un treno a vapore rosso fiammante che lo porterà alla scuola di Hogwart.
Il «binario 9 e tre quarti» non è solo un’intelligente trovata di Joanne Rowling, l’autrice di questa saga moderna, ma può anche rivelarsi un’efficace chiave di lettura per cercare di interpretare una serie di «stranezze» inglesi. La Gran Bretagna che decide di uscire dall’Unione Europea assomiglia a Harry Potter che corre verso il muro di mattoni alla ricerca di una realtà parallela, simile, del resto, a quella sperimentata da Alice nel Paese delle Meraviglie: cade nella tana di un coniglio ed entra in un mondo dominato dall’inverosimile e dal paradossale. Del resto, un altro personaggio fantastico, Peter Pan, il ragazzo che non voleva mai crescere, vive nell’Isola che non c’è, Mary Poppins, la governante dotata di poteri magici arriva con il suo ombrello aperto portata dal vento dell’Est. Un mondo in vario modo magico che si intreccia con quello naturale è, d’altra parte, una presenza costante nella letteratura anglosassone, dai tempi di Re Artù e del Mago Merlino fino al Mago di Oz e allo Hobbit. E forse non solo nella letteratura ma anche nella politica: «I have a dream», ho un sogno, dice Martin Luther King in un celebre discorso. E la politica americana ha sempre vissuto al confine tra sogno e realtà.
E l’Italia? È un vecchio Paese disincantato che, al giorno d’oggi, ai sogni (e alla politica) crede piuttosto poco: a chi vuol impegnarsi nella cosa pubblica si potrebbe consigliare di leggere, o rileggere, i libri che raccontano di Harry Potter.