La Gazzetta dello Sport, 31 luglio 2016
Niang ha smesso di fare cavolate. O almeno così dice
Il numero di secondi è più o meno lo stesso: sei. Quelli che hanno cambiato il futuro di M’Baye Niang. Sei secondi sono la durata del video, azzardatamente consegnato ai social, in cui si lancia in piscina dal tetto di una villa – variante raffinata del «balconing» -, e sei secondi sono lo spazio di tempo in cui Montella ha pronunciato queste parole: «Niang mi piace molto, vorrei conoscerlo meglio perché può fare di più». Fra i due eventi è trascorso esattamente un mese – 7 giugno e 7 luglio – in cui il destino di M’Baye pareva segnato. E non parliamo di bello, brutto o incerto: semplicemente, non con il Milan. Quel video aveva ovviamente lasciato il club senza parole. O meglio, qualche parola Galliani a Niang l’aveva detta, e non era stata esattamente gentile. Poi ha parlato l’allenatore e M’Baye ha varcato una porta scorrevole che altrimenti difficilmente si sarebbe aperta. La cosa bizzarra, infatti, è che lui adesso è uno dei pochi attaccanti ad avere la certezza di rimanere, mentre fino a un mese fa era l’indiziato numero uno per liberare la stanza a Milanello. Niang è il classico esempio di talento irrequieto. Uno, per dirla con le sue parole, che «ha fatto molte cazzate». Termine che M’Baye ripete spesso durante la chiacchierata. Non lo usa in modo volgare, però sa che rende bene l’idea. La lista è lunga. Si va dalla nottata in discoteca durante un ritiro con l’Under 21 francese, alla guida senza patente appena arrivato a Milano, dalla Ferrari distrutta in Francia agli episodi più recenti: un altro incidente stradale che gli è costato un intervento alla caviglia e l’addio agli ultimi due mesi e mezzo di campionato, e quel tuffo dal balcone esibito sui social. Adesso è arrivato il momento di tirare una bella riga. Non basta più promettere di filare dritto: occorre farlo davvero perché gli anni iniziano a essere 21 e per gli obiettivi che si è dato M’Baye, la testa deve accompagnare il talento. Enorme. Niang per ora è la sorpresa più bella dell’estate e sta sfruttando l’occasione offerta da Montella. Ma «basta con le cazzate».
Possibile che lei alla fine ci ricaschi sempre?
«Per quanto riguarda l’incidente stradale, mi è servito di lezione. Sono rimasto fuori tre mesi, so che la squadra aveva bisogno di me e mi è spiaciuto molto. Quando sono uscito dalla macchina e ho visto com’era conciata mi sono detto: “Sei stato fortunato, ti fa male solo la caviglia, e questa è una cosa che si può curare”. Mi sono spaventato molto, con la velocità non si scherza».
Un incidente può succedere, ma per lanciarsi in piscina da un tetto occorre volerlo fare...
«È stato un gioco in cui non vedevo nulla di male. Non ho pensato alle conseguenze. Quando ero lassù non percepivo il pericolo. Insomma, ero in alto ma non così in alto... Poi ho visto il video e mi sono reso conto. Capisco che, dopo un infortunio come il mio, la gente possa pensare che sono scemo. So di aver fatto una cavolata e non ho cancellato il video appositamente: ormai era in Rete, sarebbe stato peggio. Ho sentito dire che ho fatto quella sciocchezza per farmi cacciare, ma non è vero. Se sono qui è perché voglio restare qui».
Dia un buon motivo al Milan per crederle.
«Mi sento in fase di maturazione, sono tutte esperienze che mi hanno fatto crescere. In Francia diciamo che solo i matti non cambiano. L’importante è aver capito gli errori. Prima di quel tuffo era un anno e mezzo che non combinavo guai, credo sia il mio primato assoluto (ride, ndr). Ora voglio chiudere tutte queste storie e ricominciare».
La parola è perfetta per lei e per tutto il Milan.
«In tutta umiltà, credo di essere uno di quei giocatori da cui ripartire. Ho molta personalità, posso essere importante per questa squadra. Mi sento pronto a sopportare tutte le pressioni e ad avere responsabilità. Sono cresciuto come uomo e come calciatore. Voglio tornare in Europa, avere una stagione senza infortuni e fare tanti gol».
E pensare che pareva destinato a fare le valigie.
«Veramente non ho mai pensato di andare via. Ho la testa qui, sono felice, perché cambiare?».
La voleva il Leicester. Pentito di non esserci andato visto il loro cammino?
«No. Quando Ranieri mi ha chiamato ho ascoltato la proposta, poi ne ho parlato con Galliani e Mihajlovic e si è deciso di non farne nulla. E comunque al Leicester avrei giocato solo se Vardy si fosse fatto male».
Poi è arrivata la dichiarazione di stima di Montella.
«Mi ha fatto molto piacere, perché è uno che di solito non ama parlare dei singoli. Mi dà motivazioni ancora maggiori, e se ti senti stimato hai voglia di dare. Io ho bisogno di sentirmi importante, parte del progetto. Con Montella è stato come con Mihajlovic: feeling a pelle, e poi quando parli con un allenatore capisci subito se ha davvero bisogno di te».
Lei piace a Montella perché è in grado di ricoprire più posizioni.
«Il mio ruolo preferito è il centravanti o la seconda punta, ma se devo giocare esterno lo faccio senza problemi. La prima volta fu con Allegri, a destra. Da lui ho imparato tanto. Ho grandi margini di miglioramento».
Qual è il suo difetto peggiore in campo?
«Il gioco di testa. Sbaglio sempre il timing. Se mi metti davanti a una porta vuota, la butto fuori. Meno male che ci sono i piedi...».
In cosa si piace, invece?
«La velocità. E poi nella personalità. Non ho paura di nulla, anche se in certi frangenti dovrei imparare a controllarmi di più, a essere più freddo».
Come quella volta a Barcellona. Ogni tanto ci ripensa a quel palo?
«Dopo quell’episodio avrei potuto crollare, invece ho pensato solo a lavorare e ora sono migliorato molto nella freddezza davanti al portiere. Avete visto col Bayern l’altra sera, no? Ci ho lavorato su molto e adesso so dove tirare, guardo il portiere e non la porta, sono più lucido».
Merito dei suoi allenatori, evidentemente.
«Gasperini e Mihajlovic sono quelli che più mi hanno aiutato a migliorare e hanno avuto fiducia in me».
Anche Berlusconi ha un debole per lei: crede che sarà contento di non vederla più con la cresta?
«Il presidente, quando lo incontro, mi dice sempre che devo continuare a lavorare duro. E io quando so che viene a Milanello, mi tolgo gli orecchini prima di vederlo...».
A proposito di creste e orecchini: spiaciuto di non vedere più Menez e Balotelli?
«Certo, perché sono due amici. Jeremy ha avuto molta sfortuna con l’infortunio. Mario si vedeva che voleva restare, ma quello che conta è il campo: evidentemente, col talento che ha, secondo il club non ha reso abbastanza. Comunque in attacco siamo messi bene, per me non c’è nemmeno bisogno di rinforzi».
Anche perché c’è Niang, giusto? Che cosa sarebbe disposto a fare per rivedere il Milan in alto?
«Semplice: non fare più cazzate».
Un po’ comodo, ma senz’altro utile.