La Gazzetta dello Sport, 1 agosto 2016
I Giochi visti da Tamberi, che a Rio rimarrà con i piedi per terra
Il sogno spezzato di Gianmarco Tamberi. Ci sarà anche lui, a Rio: non nel naturale ruolo da protagonista, saltatore in alto e showman, non a lottare per un oro possibile. Ma nei panni di ambasciatore di Roma 2024.
Gimbo, com’è il morale?
«Molto più alto che nei giorni successivi l’infortunio. Ho amici fantastici che mi regalano sorrisi. Ma spesso, soprattutto di notte, i pensieri mi perseguitano, diventano un’ossessione. Giovedì, a Pavia, toglierò il gesso: sogno di trasformarmi in un supereroe e di sentirmi dire: “È tutto risolto, puoi fare l’Olimpiade”».
Quanto è difficile rassegnarsi?
«PrIma di finire sotto i ferri ho fatto uscire tutti dalla stanza per rimanere solo col dottor Benazzo che mi avrebbe operato. Gli ho richiesto se proprio non c’era una possibilità. Ho mandato la risonanza anche allo staff sanitario degli Houston Rockets del basket Nba che in marzo mi avevano ospitato. Niente da fare».
Quali sono, ora, le scadenze?
«Se tutto sarà a posto, dopo altri quattro o cinque giorni in Italia, partirò per il Brasile. Quando tornerò, a fine Giochi, andrò direttamente a Pavia: toglierò il tutore e rimarrò lì per le prime due-tre settimane di riabilitazione, affidandomi alle migliori mani italiane. Dovrebbe esserci anche Andrea Battisti, anconetano come me, mio fisioterapista di fiducia».
Le ha prospettato tempi di recupero precisi?
«Dopo tre mesi e mezzo potrò tornare a saltare. Ma ci andrò piano: posticiperò ogni sessione tecnica. Per riprendere fiducia nell’uso della caviglia e non avere paura allo stacco, farò velocità, ostacoli, lungo e... gare di schiacciate. Sabato ho anche fatto il giudice alle finali dello Streetball Italian Tour a Riccione».
Quale diventa, realisticamente, il primo obiettivo?
«I Mondiali di Londra 2017. Ma se prima di finire k.o. sognavo, a stagione conclusa, un paio di mesi di stop come non mi concedevo da 3 anni, ora non vedo l’ora di ripartire. Con scrupolo. Ho scritto a Onnen, a Baba e a Bondarenko che, in tempi diversi, hanno subito lo stesso infortunio, mi sono fatto consigliare. Non commetterò errori».
Ha nulla da rimproverarsi?
«Per la gara di Montecarlo? No, non potevo accontentarmi di quel 2.39. In 7 anni di attività solo una volta ho finito una gara senza utilizzare 3 tentativi: ai campionati italiani di Bressanone 2012 quando, vinto il titolo e ottenuto il minimo per Londra, ho fatto mettere l’asticella a 2.46».
Sa che Sara Simeoni l’ha criticata per aver tentato quel 2.41?
«Sono certo che, prima di vincere l’oro a Mosca 1980, avrebbe fatto lo stesso e che le sue siano state parole di materno rammarico per quanto mi è accaduto».
«Grazie per averci ricordato che la vita è a 2.41»: Silvia Salis, lanciatrice di martello sua compagna di Nazionale, come tanti, ha appoggiato la sua scelta.
«Chi ha fatto sport ad alto livello può capirmi. Bisogna osare, senza accontentarsi mai. Ora guardo oltre: “Road to Tokyo 2020”, come mi sono scritto sul gesso».
Sorpreso dalle tantissime dimostrazioni di affetto?
«Incredibile: ho perso il conto di quanti mi hanno mandato un incoraggiamento. E poi la Nazionale junior che ai Mondiali ha fatto l’halfshave imitata da un lanciatore di martello australiano. I campioni di tutti gli sport che mi han spedito messaggi. La recente visita di Malagò, che ha preso un aereo per venirmi a trovare. Altri non l’hanno fatto».
Valentina Diouf, prima di venir esclusa dalla Nazionale di volley, ha detto che sarebbe andata a Rio anche per lei...
«E nemmeno ci conosciamo... La mattina che è stata giubilata via sms, mi ha subito scritto per dirmi cosa le era successo. Pazzesco. Ci rifaremo insieme in Giappone».
Cosa combinerà l’atletica italiana ai Giochi senza di lei?
«La squadra è giovane, occorre sfruttare l’occasione per fare esperienza. E poi spero nelle marciatrici e in Alessia Trost: è una ragazza d’oro, ha un potenziale infinito, ma sta attraversando un momento difficile, deve solo sbloccarsi. Siamo cresciuti insieme, stimolandoci a vicenda. Ha chiesto a mio papà di seguirla a Rio come allenatore: non sarà come avere me, ma è molto felice di starle vicino».
Con lei e Marco Fassinotti al palo, a rappresentare l’alto maschile ci sarà Silvano Chesani, appena tornato da un lungo stop per infortunio: paradossale, no?
«Lo sento voglioso, ma ha un po’ di timori: gli serve fiducia».
Chi vincerà, senza di lei?
«Intanto, anche se non accadrà, spero servirà un 2.48, così non avrò altri rimpianti. Sarà durissima guardare la gara. Il mio favorito è Bondarenko, per le altre medaglie dico il canadese Drouin,il siriano Ghazal e lo statunitense Kynard. E, mio malgrado, lascio Barshim giù dal podio».
Ukhov ha appena saltato 2.35: cosa pensa dell’esclusione dell’atletica russa?
«Non è più tra i migliori, ma il caso è spinosissimo. Da un lato è stato giusto dare un segnale forte nella lotta al doping e fermare un Paese che ne ha combinate di tutti i colori, dall’altro è difficile accettare che si possa vietare l’Olimpiade a chi non è mai risultato positivo. Vivo sulla mia pelle cosa vuol dire dover rinunciare ed è drammatico».
Basterà il solito Bolt a salvare la situazione?
«L’atletica mondiale sopravvive grazie a lui. Ci sono altre stelle, da Rudisha a Farah e Lavillenie, ma senza Usain la disciplina vivrebbe nell’anonimato. Tutti gli altri messi insieme non valgono quel che vale lui. La sfida con Gatlin? Sapete come la penso sugli ex dopati».
Il podio degli 800 femminili, da Caster Semenya in giù, potrebbe venir occupato da tre atlete intersex.
«La vicenda è forse stata affrontata con un po’ di leggerezza. Loro, naturalmente, non hanno colpe, ma per chi finirà alle spalle, è una palese ingiustizia. E qualsiasi eventuale decisione successiva, sarà tardiva».
Cosa seguirà oltre all’atletica?
«Il basket e gli Stati Uniti in particolare. Poco importa se non ci saranno LeBron James e Steph Curry. Daranno spettacolo lo stesso, spero di incrociarli. Proprio in queste ore ho ricevuto la maglia del mio idolo Tracy McGrady: un regalo di “consolazione”. Comunque guarderò di tutto un po’. Tranne il golf: tanti big hanno rinunciato. Ma cosa l’hanno messo a fare all’Olimpiade?».
Pronto a tifare per gli azzurri?
«Mi sgolerò per Gregorio Paltrinieri: è fortissimo. Ci siamo parlati spesso senza mai incontrarci. Sarà l’occasione giusta. Farà gridare di gioia l’Italia come avrei voluto fare io».
Condivide la scelta di Federica Pellegrini portabandiera?
«È giusto, è l’atleta più rappresentativa. L’alternativa poteva giusto essere Paltrinieri, ma forse è troppo giovane. Lo candido per Tokyo».
Riuscirà lo stesso a divertirsi?
«Nonostante tutto, voglio provarci. Con me ci saranno la mia fidanzata Chiara e gli otto amici che avevano predisposto tutto per seguirmi. Spero di poterli aiutare coi biglietti: vorrei che per loro diventasse un viaggio indimenticabile».
Avrà anche un ruolo ufficiale e non semplice: Roma 2024 non naviga in acque tranquille...
«Un’Olimpiade in casa a 32 anni, impagabile: capisco però che ci siano problemi da risolvere. Nel mio piccolo, proverò a dare una mano».