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 2016  agosto 01 Lunedì calendario

Com’è invecchiato male D’Alema

Dobbiamo chiedere l’ausilio del Dottor Freud per spiegare la tetraggine aggressiva di Massimo D’Alema? Forse, allineando i fatti, ci arriviamo però da soli.
Innanzitutto, c’è un elemento meteoropatico: D’Alema si scatena col caldo estivo. È tra luglio e agosto che sferra i suoi attacchi al nemico del momento che, in base agli umori, può essere uno del suo partito, il Pd, o di altro schieramento. D’Alema è amico solo di se stesso e il prossimo gli è indifferente. Finché non gli diventa antipatico. Allora, se il termometro è sui 30 gradi, sono guai.
Da un paio d’anni ce l’ha con Matteo Renzi, come prima era stizzito con Pierluigi Bersani, Silvio Berlusconi, ecc. Esattamente un anno fa, vaticinò che Renzi sarebbe caduto per via giudiziaria. Siccome nel 2009, quando il Cav era al top della popolarità, Max previde al millimetro che invece stava per finire nelle grinfie delle toghe, il Fiorentino prese la profezia per una gufata e si agitò. La previsione è per ora sospesa ma le nubi, dopo i fatti delle banche, si stanno addensando.
Quest’anno, è ormai da fine giugno che Max randella il giovane premier. Gli ha già detto che se lui cade, niente di grave, perché in Italia ce ne sono tanti in grado di sostituirlo. Ha aggiunto che la riforma monocamerale è repellente, che voterà no al referendum e che se ne impipa della disciplina di partito, perché c’è libertà di coscienza.
FURBACCHIONI DELLE AZIONI
E la sua coscienza – aggiungo io, arrogandomi la facoltà d’interloquire – funziona a corrente alternata. D’Alema, infatti, è stato per vent’anni un monocameralista al cubo. Ora però che è Renzi a caldeggiare il ridimensionamento del Senato, Max arriccia il naso per i difetti che vede e sceglie di buttare tutto all’aria. Un’opposizione che i politologi qualificherebbero «da destra», lui che si considera l’alfiere della sinistra. Infatti, la vera sinistra del partito è, all’opposto di lui, bicameralista e vota no per questo. Max, in sostanza – vedi gli scherzi della vita! – si è allineato col Berlusca: sono entrambi monocameralisti ma giammai nei modi del duo Renzi-Boschi. Contorcimenti.
Nell’accavallarsi delle interviste concesse durante questa bolla estiva, il D’Alema furioso ha pure insinuato illeciti arricchimenti renziani. Consob e magistratura stanno effettivamente indagando su circa dieci milioni di plusvalenze incamerate da furbacchioni con le azioni delle Popolari. Vicenda intricatissima in cui sarebbero coinvolte le varie Banca Etruria, ecc., entrate nella cronaca dell’ultimo anno.
Il classico insider trading: qualcuno, ammaestrato a dovere, ha fatto incetta di azioni bancarie a basso prezzo, poi rivendute alle stelle. Il solo beneficiario noto è, finora, Carlo De Benedetti. Secondo D’Alema – unico a dirlo e chissà come fa a saperlo -, l’imbeccata all’Ing è venuta da Palazzo Chigi. E tra un sorrisetto e l’altro, una passatina e l’altra sui baffetti, Max ha ripetuto che bisogna indagare, andare a fondo e, poffarbacco, essere certi che Matteo non l’abbia fatta grossa. È chiaro che non lo sopporta e poi vedremo perché.
D’Alema ha oggi 67 anni. Da otto non ha incarichi degni di sé. L’ultimo è stato la guida della Farnesina nel Prodi II (2006-2008). Da tre anni, nemmeno è deputato. Fu Bersani, allora segretario del Pd, a non ricandidarlo perché aveva già sette legislature alle spalle. Da allora, Max ha cancellato Bersani. Destino analogo ebbe Walter Veltroni che con D’Alema, pur negli attriti, ha camminato in parallelo. Diversamente però dal collega, Walter non solo è rimasto in buona con Bersani ma, dell’appiedamento, non ha fatto una malattia. Si è messo a scrivere libri, ha fatto film e alla politica getta sguardi in tralice, giusto per non perdere l’occasione se si presenta. Insomma, vive sereno.
IL MALMOSTOSO
D’Alema, al contrario, invecchia male. È malmostoso. Forzato all’ozio politico, si considera sprecato. Si stima al punto, dicono, che si dà del lei nei frequenti soliloqui, pratica cui è costretto dalla solitudine. Il suo tono da padreterno gli ha infatti creato il vuoto attorno. Anche i giovani che la pensano come lui, lo rifiutano come leader preferendo sbagliare da soli. Se ha ancora qualche seguito, è nel suo collegio in Puglia. Ma pure lì, sono in prevalenza compagni di scopone.
E qui compare il fantasma evocato dalla sua cattiva coscienza. Ha le fattezze del pattumierato Achille Occhetto, l’antico segretario Pds. Battuto inaspettatamente dal Berlusca nel ’94, Occhetto – onusto di meriti per avere traghettato il partito oltre la caduta del Muro – chiedeva solo una possibilità di rivincita. Ma D’Alema, dimentico di quanto gli doveva e profittando della sua disgrazia, silurò il capo in un fiat e ne prese il posto. Per un paio d’anni, il povero Occhetto vagolò tra Roma e Capalbio, gli occhi fuori dalle orbite. Finché, essendo all’epoca sulla sessantina, decise di invecchiare come meglio poteva aspettando che D’Alema finisse a sua volta nel cimitero degli elefanti. Ora quel momento è venuto – anzi è già arrivato da tempo – e penso che Occhetto, oggi ottantenne, si senta ripagato. Così come credo che, per esorcizzare il fantasma di Achille, Max abbia riflettuto sul detto: Chi la fa, l’aspetti.
MIRE PER L’UE
Dopo l’uscita dalla Farnesina nel 2008, D’Alema ha tentato in tutti i modi di riprendere il volo. Lo ha fatto rompendo le scatole, senza grazia, come fosse cosa dovuta a lui, unico premier della Repubblica uscito dalle file del Pci (1998-2000). Le sue mire sono state essenzialmente per l’Ue, come se l’Italia gli fosse diventata stretta: commissario, presidente dell’Assemblea di Strasburgo, ecc. Si è mosso guardando solo al proprio vantaggio. Se gli serviva l’appoggio di Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, era pronto a smarcarsi dal Pd. Il Cav, in effetti, appoggiò nel 2009 la sua candidatura a Mister Pesc, ossia a ministro degli Esteri Ue, ma i socialisti europei preferirono a lui, ex premier, l’oscura inglese, Lady Ashton. Come poi si seppe, erano stati i Paesi della fu Cortina di Ferro – Polonia in testa – a non volere tra i piedi un ex comunista mai pentito. Per D’Alema, una brutta botta. Passò due anni a leccarsi le ferite e a fare dispetti a destra e a manca, rendendosi insopportabile anche nel Pd. Tanto che l’Ing De Benedetti, prima tessera del partito, lo accusò di disfattismo, dicendo di lui: «D’Alema è un problema umano». L’altro replicò: «Tu sei un Berlusconi di serie B».
SCAMBI DI SALAMELECCHI
Quando sorse l’astro di Renzi, Max fu tra i primi a intercettarlo. Subito ci mise su il cappello. «Vedi mai – rifletté – che possa tornarmi utile». Cominciò a lodarlo e nel 2009 corse a Firenze per appoggiarne la candidatura a sindaco. Ci fu uno scambio di salamelecchi. Più sobrio Matteo che disse: «Massimo, tu sei un punto di riferimento», banalità che non si nega a nessuno. Più smaccato, Max: «Tu sei il ciclista che distacca il gruppo di un’ora» con la sola incognita, aggiunse sviolinando, «di sapere se batterà il record della pista». Queste ottime premesse si polverizzarono però in un amen. Renzi, preso l’aire, lasciò D’Alema con un palmo di naso. La sua attuale fobia per il Fiorentino – e con questo concludo – ha un nome: Federica Mogherini. Ciò di cui Max non si capacita, è come una creatura senz’arte né parte, qual è Federica, possa soppiantare per due volte un uomo della sua statura politica. Fede, infatti, è prima diventata ministro degli Esteri del governo Renzi, quando c’era lui che avrebbe dato ben altro lustro all’incarico. Poi, per colmo, traslocò dalla Farnesina alla guida del Pesc, per la quale D’Alema – e Renzi lo sapeva benissimo – ansima da anni come un cicisbeo per la sua bella.
È dura, on D’Alema, essere sconfitti perfino da Mogherini. Non insista: la sua parabola è conclusa, verghi i suoi ricordi.