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 2016  agosto 01 Lunedì calendario

La Basilicata e la Brexit

Già alla vigilia del referendum britannico era stato stimato che, in caso di Brexit, l’export dell’Italia verso Londra sarebbe calato: qualcuno dice del 5%, qualcun altro arriva a ipotizzare persino il 9% in tre anni. Ma quale regione sarà più penalizzata? A Brexit avvenuta, Nomisma ha fatto i calcoli. E la più esposta al rischio è la Basilicata, che Oltremanica destina quasi il 15% del suo export. Sono soprattutto le vetture che la Fca produce a Melfi: nel 2015 l’80% delle esportazioni lucane nel mondo sono state di autoveicoli e nel Regno Unito si sono vendute oltre 8mila vetture, tra 500X e Renegade. Tra l’altro, a detta di tutti gli analisti il comparto dell’auto sarà uno dei più colpiti dall’uscita britannica dalla Ue.
Al secondo posto, con il 10,6% dell’export indirizzato verso il Regno Unito (pari a 778 milioni di euro), la regione italiana più esposta è l’Abruzzo, che Oltremanica vende soprattutto i prodotti delle sue industrie manifatturiere. Terza invece la Campania, per la quale Londra – alla quale vende soprattutto prodotti alimentari – rappresenta ben il 12,5% della bilancia commerciale con l’estero, pur con un controvalore che si limita a soli 55 milioni di euro.
A livello nazionale, l’Italia dovrebbe accusare il colpo meno di altri Paesi europei, dato che per le nostre imprese la Gran Bretagna rappresenta il 5,4% del totale dell’export. In compenso, l’avanzo della nostra bilancia commerciale è consistente: nel 2015 il saldo a favore dell’Italia è stato di quasi 12 miliardi di euro. Più o meno lo 0,7% del nostro Pil.
Considerando dunque la media italiana del 5,4%, le regioni con un’esposizione al rischio Brexit superiore alla media sono in tutto sette. Di tre si è detto; andando in ordine di quote di mercato, troviamo: l’Emilia-Romagna (il 6,2% del suo export è diretto Oltremanica), il Veneto (6%), l’Umbria (5,8%) e il Friuli-Venezia Giulia (5,7%). Se invece guardiamo ai valori assoluti, la regione più esposta è la Lombardia, con oltre 5 miliardi del suo export diretto a Londra.
Dal punto di vista settoriale, il comparto italiano più a rischio Brexit è quello vinicolo: nel 2015 gli inglesi hanno comprato dall’Italia bottiglie per 745 milioni euro, il 14% di tutte quelle che esportiamo.
Anche il turismo è candidato al contraccolpo. La Gran Bretagna occupa la quarta posizione tra i Paesi di provenienza dei nostri visitatori: è un turismo principalmente da città d’arte e da sport invernali. In Valle d’Aosta, per esempio, la clientela britannica pesa per il 25% di tutti gli arrivi dall’estero. Per i turisti made in Britain le condizioni di ingresso in Italia con tutta probabilità non cambieranno, ma il potere d’acquisto sì, per colpa della svalutazione della sterlina. Un vero peccato: dopo giapponesi e cinesi, con una media di 123 al giorno sono i turisti europei più spendaccioni.