Corriere della Sera, 1 agosto 2016
Stavolta Trump offende la famiglia di un soldato americano musulmano morto a Baghdad
Il caso delle interferenze russe nella campagna elettorale americana è molto imbarazzante per Donald Trump e può danneggiarlo. Ma nelle ultime ore il candidato repubblicano ha fatto un altro passo falso grave sul piano politico, anche se in questo caso il suo gusto per l’insinuazione potrebbe non portargli via molti voti: ha risposto con la solita durezza e un’assoluta mancanza di riguardo alle critiche di Khizr Khan senza capire che non può trattare il padre di un soldato morto in modo eroico per la patria come uno qualsiasi dei suoi avversari politici. Quando, nell’ultimo giorno della Convention democratica, Khan, un anziano avvocato musulmano nato in Pakistan, emigrato negli Usa, laureato ad Harvard e cittadino americano dal 1980, era salito sul palco accompagnato dalla moglie Ghazala, silenziosa e con il capo coperto, la platea vociante e distratta aveva osservato incuriosita ma senza vero interesse. L’attesa era tutta per il gran finale: Hillary Clinton introdotta dalla figlia Chelsea e preceduta dalla performance musicale di Katy Perry. Gli altri oratori – politici, religiosi, generali in congedo – erano relegati al ruolo di comprimari. Ma quando quest’uomo dall’oratoria nitida ha cominciato a raccontare il suo dolore per la perdita del figlio, il capitano dell’esercito Humayun Khan, morto a Bagdad dodici anni fa affrontando da solo un terrorista suicida dopo aver messo i suoi soldati al riparo, ma anche l’orgoglio per il contributo dato dalla sua famiglia islamica alla causa della libertà degli Stati Uniti, nella Wells Fargo Arena è calato il silenzio. Che si è fatto ovazione quando Khizr Khan ha risposto in modo composto ma fermo alla pretesa di Trump di bloccare l’accesso dei musulmani negli Stati Uniti: «Mi chiedo se il candidato repubblicano abbia mai visitato il cimitero di Arlington, se sia mai andato tra le tombe di soldati di tutte le religioni e di tutte le etnie morti per la comune patria americana. Mi chiedo che sensibilità possa avere uno che non ha sacrificato nulla e nessuno» per il Paese. «E mi chiedo, ancora, se abbia mai letto la Costituzione». Poi, tirandone fuori una copia, Khan aveva citato il passaggio che garantisce a tutti libertà e uguaglianza davanti alla legge.
Parole di grande dignità giudicate da molti la condanna più efficace della posizione presa da Trump sull’immigrazione dei musulmani. Non era stato pronunciato nel «prime time» della convention e quella sera tutti i riflettori erano per Hillary, ma poi le televisioni l’hanno rilanciato e alla fine Trump ha deciso di replicare. A modo suo: prima si è chiesto chi avesse scritto un intervento così efficace: i ghost writer della campagna di Hillary? Poi un’altra domanda: perché la moglie, Ghazala, non ha avuto nulla da dire? E qui la seconda insinuazione: «Forse in quanto donna non è autorizzata a parlare».
Dubbi da uomo della strada: un aspirante statista non può esprimersi così, soprattutto se parla della madre di un eroe della patria. Raffica di critiche dai democratici, ma anche i repubblicani prendo le distanze da Trump, che allora precisa in un comunicato: «Humayun è un eroe ma questo non autorizza il padre a dire che non conosco la Costituzione e che non ho fatto sacrifici. Ho creato migliaia di posti di lavoro, costruito strutture, ho avuto successo: ho fatto molto per questo Paese».
Altro passo falso: confonde i sacrifici per la patria con il successo economico. Kahn non si fa pregare per la controreplica: «È un uomo senz’anima, privo di empatia: non può diventare presidente uno così. I leader repubblicani ci pensino bene. Sarebbe un danno irrecuperabile».